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domenica, Dicembre 10, 2023
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Le Tre domande della domenica ad Antonino Grammatico

L’intervista allo chef che ha capitanato l’Italia al Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo

A settembre ha guidato la squadra italiana al Campionato del Mondo di cous cous. Antonino Grammatico, 33 anni, chef di Castelluzzo, racconta l’esperienza vissuta al Cous Cous Fest 2023, la sua passione per la cucina ed i ricordi che lo legano alla preparazione del cous cous.  La squadra azzurra si è classificata al secondo posto aggiudicandosi anche il premio speciale Food Network per l’armonia di sapori diversi proponendo ‘terramare”, un cous cous con seppia e gambero a zero scarti.   

Dopo una prima partecipazione nel 2016, quest’anno, per la prima volta, hai guidato l’Italia alla gara internazionale di cous cous.  Che esperienza è stata?

Sono stato onorato del ruolo che mi è stato affidato. E’ stata un’esperienza professionale di grande gusto e divertimento. Il Cous Cous fest è una vetrina molto importante per un cuoco. Con Benedetto Di Lorenzo, campione italiano di cous cous, e il resto dei suoi e dei miei collaboratori c’è stata un’intesa professionale degna di questo risultato. Insieme abbiamo ideato “terramare”, un cous cous con brodo di seppia; poi con il mantello della seppia abbiamo creato delle sfere e delle lische di pesce, aggiungendo una parte croccante, del gambero crudo e una bisque al centro. Dopo questa esperienza meravigliosa, rientro nella mia cucina per continuare a lavorare a testa bassa. Ringrazio tutti per queste emozioni che porterò per sempre con me.

Il cous cous è un piatto a cui sei particolarmente legato. Perché?

Hoimparato da mia madre ad incocciare il cous cous. Lei proviene da una famiglia di pescatori dove il cous cous era come un corredo che si tramanda da madre in figlia. Ricordo i pranzi a casa dei nonni dove il pesce vivo non mancava mai anche in pieno inverno. Tutti in famiglia incocciavamo la semola, grandi e piccoli, come un gioco. Ho un ricordo bellissimo di quei momenti quando ci si riuniva a casa dei nonni. Sono profondamente legato a questo piatto che nel nostro territorio, grazie al Cous Cous Fest, è diventato simbolo di unione e di pace.

Provieni da una famiglia di ristoratori, quindi la passione per la cucina è nel tuo DNA. Quando hai creduto che potesse diventare un lavoro?

Esatto! Sono nato e cresciuto in una famiglia di ristoratori, mamma e papà gestiscono un ristorante ereditato dal nonno.  Io e i miei due fratelli abbiamo deciso di seguire le loro orme. Ricordo che da piccolo mi piaceva entrare nella cucina del ristorante ed osservare la preparazione di un piatto e poi assaggiarlo. Oggi osservo la gente nel mio locale mentre mangia soddisfatta quello che ho preparato e mi si riempie il cuore di gioia. Nel 2013 ho acquistato un master di cucina presso la scuola Gambero Rosso; da quel momento in poi, i miei genitori mi hanno lasciato cucinare permettendomi di fare esperienza e quindi di crescere dal punto di vista professionale. Io mi definisco un cuoco umile, la nostra è una cucina del territorio, tradizionale, fatta con materie prime di qualità e della nostra terra per portare a tavolo un prodotto sempre fresco ed espresso.

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