di Mario Torrente
Tutto attorno è la devastazione più totale. L’incendio della scorsa settimana ha divorato qualcosa come 1400 ettari di montagna. Monte Sparagio è completamente annerito su più versanti, con danni enormi per il patrimonio naturalistico. In questo triste quadro di distruzione e desolazione si è però riuscito a salvare il Bosco del Giacolamaro, ormai l’ultimo polmone verde rimasto nella montagna più alta della provincia di Trapani. Un piccolo angolo di paradiso che continuerà ad esistere grazie a chi, in quella calda giornata di forte vento di scirocco, ha rischiato la vita per fermare l’avanzata delle fiamme, spegnendo il fronte del fuoco praticamente sul perimetro nel bosco, nella zona del Rifugio e dell’invaso anticendio, non più operativo da anni.
Qui si sono bruciati diversi alberi di pino, alcuni molto antichi e davvero alti e maestosi, forse secolari, ma tutto il resto è stato salvato grazie al coraggio e all’abilità di chi ha provato in ogni modo a non fare entrare le fiamme in una “lotta” per spegnere il fuoco che andava passando. Ed a dieci giorni di distanza da quel terribile rogo, le parti incenerite lungo il perimetro sono infatti a macchia di leopardo: bruciato in una zona, tutto verde affianco. E così per centinaia di metri lungo la stradella forestale che porta al Rifugio, che sembra davvero una baita alpina pronta ad accogliere i visitatori. E che due venerdì addietro ha rischiato di brucare, così come è invece andato a fuoco il capanno affianco. Questo s’è distrutto.
In tutto ciò va detto che il Bosco del Giacolamaro è stato salvato da venti uomini. A difendere l’ultimo bosco di Monte Sparagio c’erano, per la Forestale, il comandante del distaccamento di Erice Gioacchino Barbera, l’ispettore Alberto Vitaggio, cinque unità dell’anticendio della veicolare Zingaro e altre due dell’autobotte da 8000 litri. C’erano poi quattro volontari di Sos Valderice, arrivati con la loro grande autobotte, sempre da 8000 litri, tre operai dell’Azienda Foreste e quattro volontari. Venti uomini in tutto, di cui tre dovevano tenere la manichetta a pressione che “sparava” acqua a distanza per provare a spegnere i focolai. E ci sono riusciti. A loro va detto grazie per essere riusciti a salvare l’ultimo bosco dello Sparagio.
S’è invece bruciato il Bosco Balatella, nella zona chiamata “Terremoto”, che si trova sopra Purgatorio, dove c’erano conifere e latifoglie, soprattutto lecci. Tanti meravigliosi alberi di circa 25-30 anni. Adesso c’è da vedere come reagiranno queste piante in un’area che si estende per circa 100 ettari. Praticamente due volte la superficie del centro storico di Erice.
L’incendio ha anche devastato il Canale Sugamele, dove c’erano tanti lecci, ed il Bosco Segala a Rocche Rosse. Si è invece salvata l’area di Piano Colme, la zona alberata sotto la cima e l’area attrezzata di Biro, che è stata difesa dalle fiamme dando il controfuoco, così come fatto allo Zingaro, dove c’erano tanti addetti e mezzi dell’anticendio della Forestale. Anche qui il controfuoco ha permesso di fermare l’avanzata delle fiamme e mettere in sicurezza lo Zingaro grazie all’abilità degli addetti della Forestale, che sono ricorsi ad una tecnica antica, ma efficace, per spegnere le fiamme. Un antico detto dice che il “fuoco si spegne col fuoco”. Ma questa tecnica bisogna saperla mettere in pratica, soprattutto in sicurezza. Serve personale formato che sa come e dove dare il controfuoco.
Piuttosto, quest’anno in provincia di Trapani ci sono stati 36 addetti antincendio in meno rispetto alla stagione 2022 per ovvi motivi di età tra pensionamenti e altro. E le previsioni per il prossimo anno sono di altre unità che lasceranno il servizio per sopraggiunti limiti di età. Intanto però le graduatorie sono chiuse e di nuovo personale in vista nemmeno l’ombra. Eppure servirebbero tanti giovani per fare rinascere e difendere i nostri boschi dal fuoco. E non solo da quello.







