«Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza / Per i defunti andare al Cimitero / Ognuno ll’adda fà chesta crianza / Ognuno adda tené chistu penziero». Così l’incipit de «A’ livella», del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, che celebra la tradizione dei defunti e che ci mette di fronte alla morte, la grande livella che mette tutti sullo stesso piano.
Oggi in tanti si sono recati a deporre un fiore ai propri cari. In tanti hanno potuto osservare, e apprezzare, il delicato omaggio del murale disegnato sui colombari dell’ingresso nord, quello della litoranea. In tanti hanno potuto attraversare i viali e le vie del cimitero monumentale; che a leggere gli epitaffi si trova una piccola Spoon River trapanese.
In tanti hanno deposto un fiore su tombe desolatamente rimaste prive di attenzione. Per esempio le tome di alcuni militari caduti nella prima e nella seconda guerra mondiale, ma anche davanti al sacrario delle vittime civili di guerra. Moltissimi i trapanesi che si sono fermati brevemente in preghiera o semplicemente a deporre un fiore.
Poi ci sono le tombe dimenticate di chi ha perso la vita in mare ed è rimasto anche senza un nome.
Il cimitero è, forse il luogo più democratico del mondo, dove tutti siamo davvero uguali. I vivi tutti calatii nel loro dolore e nella malinconia del ricordo. I morti tutti resi uguali dalla grande Livella, non c’è distinzione di censo, di ricchezza, di titoli accademici davanti alla nera signora. Come declama Totò «Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive/ Nuje simmo serie, appartenimmo à morte!».
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