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Una lapide dove potere mettere un fiore: il ricordo delle vittime dell’Espresso Trapani

di Mario Torrente

Mettere una targa in ricordo delle vittime dell’Espresso Trapani è servito anche a questo. A permettere a chi, non avendo una tomba dove poter piangere i propri cari, di avere quanto meno un angolo dove lasciare un fiore in ricordo di chi è morto in mare, restando per sempre in quel grande “cimitero marino” dove non ci sono lapidi, ma solo una grande distesa blu e quegli abissi che per tante famiglie sono diventate la tomba di chi non ha fatto più ritorno a casa dal mare. Come le sette vittime del naufragio dell’Espresso Trapani, il grande traghetto colato a picco il 29 aprile del 1990, che molto probabilmente s’è portato a fondo anche i corpi che non sono mai stati ritrovati. Il relitto della nave potrebbe quindi essere diventata la tomba per le sette persone che non sono mai state ritrovate.

I morti furono in tutto tredici, ma vennero recuperati solo sei corpi senza vita. Gli altri sette non vennero mai ritrovati. Se li è presi per sempre il mare. Non hanno quindi avuto degna sepoltura in un cimitero. Il che ha lasciato sette famiglie senza una tomba dove potere piangere o portare un fiore ai loro cari. Unica consolazione, lanciare dei fiori in mare. Anche in occasione delle giornate dedicate alla commemorazione dei defunti. Questo fino a quanto l’amministrazione comunale di Trapani, a quasi trent’anni da quella terribile disgrazia, non ha deciso di intitolare una strada in ricordo delle vittime dell’Espresso Trapani. La via scelta si trova tra il porto peschereccio e Torre di Ligny, in un punto dove, guardando verso il mare, si vede il punto del naufragio. A poche miglia al largo della costa trapanese ad oltre cento metri di profondità, si trova il relitto del grande traghetto che proveniva da Livorno e che è diventata la tomba per sette persone: il comandante Leonardo Bertolino, il direttore di macchina Gaspare Conticello, Ignazio Mauro, Claudio Merlino, Giovanni Maranzano, Antonino e Salvatore Mirabile. Loro sono rimasti per sempre nel grande “cimitero del mare”. Le altre sei vittime furono Rosa Adragna, la moglie del comandante Bertolino che si trovava a bordo della nave per quello che doveva essere l’ultimo viaggio del marito prima della pensione, Francesco Gianquinto, Giuseppe Fonte, Filippo Randazzo, Michele Caruso e Francesco Lombardo. I loro corpi vennero recuperati dal mare, trovando così degna sepoltura a terra.

Ma l’elenco dei morti in mare a Trapani è molto più lungo. Ed oltre trapanesi che non hanno fatto più ritorno a casa dalle navi e dai pescherecci dove erano imbarcati, ci sono anche tutte quelle vite che hanno trovato e continuano a trovare la morte nel Canale di Sicilia e davanti le nostre coste nel tentativo di raggiungere l’Italia dal Nord Africa. E poi ci sono le tante disgrazie del mare, anche qui con un bilancio di vittime che racconta storie e famiglie distrutte dal dolore. Tanti uomini, donne, ragazzi e bambini che in una città di mare come Trapani, da sempre legata al mare e proiettata verso il mare, meriterebbero di essere ricordati con un monumento in memoria di tutte le vittime del mare degno di potersi definire tale. Meglio se in un punto importante, legato alla gloriosa e antichissima storia marinara di Trapani. Già, la storia marinara della città falcata, con cui si potrebbe riempire un Museo del mare che potrebbe raccontare ciò che è stata Trapani nei millenni, partendo dai Fenici per arrivare fino a pochi decenni fa. Il materiale non mancherebbe e questi spazi permetterebbero soprattutto di preservare e valorizzare anche tutti quei “pezzi” di barche, attrezzi di bordo e quant’altro conservati nei magazzini e nelle case di ex marittimi o pescatori. O dei figli di marittimi e pescatori. A Marettimo ci sono riusciti partendo da una piccola stanza, che negli anni sono riusciti a riempire con tanti attrezzi, vecchie foto, documenti, articoli di giornale e tutto ciò che è conservato nel bellissimo Museo del Mare dell’isola, diventato un importante punto di riferimento culturale per l’intero arcipelago delle Egadi. Perchè non si fa altrettanto a Trapani? Dove c’è tantissima storia marinara da raccontare ed un patrimonio di memoria da preservare. Un grande monumento per tutte le vittime del mare, degno di una città come Trapani, ed il Museo della storia marinara potrebbero diventare un modo per ridare a questo angolo di Sicilia la sua identità perduta. Perchè Trapani è e resta una città di mare. Ed i trapanesi sono e restano gente di mare. Anche se oggi, in questi tempi moderni, fanno altri mestieri. Ma le origini appartengono a quella linea dell’orizzonte protesta nel blu. Ed il futuro non può che essere proiettato sempre verso quella linea dell’orizzonte che unisce Trapani al resto del mondo.

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