Venerdì prossimo, 3 dicembre, presso la sala Sodano del Comune di Trapani, la sezione trapanese dell’ANPI presenta il libro “Storia di un partigiano – Gino Cortese, il Commissario Ilio” di Enrico Cortese, pubblicato da Salvatore Sciascia editore. Ospitiamo una sinossi del libro e una breve ricostruzione della figura storica e politica di Gino Cortese a cura del professore Santo Graziano, già docente di storia presso istituti superiori del capoluogo e cultore di storia patria

Gino Cortese è stato un partigiano; Commissario politico della Quarantasettesima brigata Garibaldi col nome di Ilio. Con i suoi compagni ha operato nel versante orientale del passo della Cisa, territorio a cavallo delle province di Parma e Reggio emilia, in Val d’Enza. La Brigata fu celebre per il suo coraggio e per il suo senso di indipendenza. Nota come Brigata Testa Calda, perché così la definì il Maggiore inglese Holland, che tenne i contatti con la brigata per conto degli alleati.

Le sue vicende militari e socio-politiche sono state narrate in due romanzi che vedono protagonista il commissario Ilio. Il primo era stato “La” Quarantasettesima” di Ubaldo Bertoli nel 1960. Dieci anni fa è stata la volta de “La Sentenza” di Valerio Varesi.

Gino Cortese è stato anche parlamentare all’Assemblea Regionale Siciliana durante le prime 5 legislature (1947-1967).

Gino Cortese chino sugli appunti durante un congresso del PCI. Da sinistra si riconosce un giovanissimo Luigi Berlinguer

L’impegno politico e antifascista di Gino Cortese è cominciato negli anni ’30 quando ancora studente liceale entrò in una cellula clandestina del PCI, dove incontra fra gli altri il suo maestro, Pompeo Colajanni e il futuro procuratore della Repubblica Gaetano Costa.

Di questo suo impegno politico giovanile ne aveva già scritto Leonardo Sciascia In “Le parrocchie di Regalpetra” dove racconta dei loro incontri, di come Gino Cortese attraverso discorsi dapprima vaghi e via via sempre più chiari lo guidava verso un modo di pensare che nulla aveva a che vedere con il Fascismo e di come infine lo condusse a frequentare la cellula comunista.

Enrico Cortese con questo libro ripercorre la Storia del Commissario Ilio dagli anni giovanili all’esperienza universitaria. La lettura del libro conduce il lettore lungo la storia siciliana e italiana della fase centrale del secolo scorso.

Immancabile lo sguardo su Caltanissetta e i suoi aspetti socio-culturali. Città da una parte “sonnacchiosa” come ebbe a definirla Vitaliano Brancati, ma anche una sorta di piccola Atene come la definisce invece Sciascia. Da una parte le misere condizioni sociali di minatori e contadini, dall’altra la presenza di una serie di intellettuali che nutrivano e praticavano idee assai difformi da quelle del regime. L’autore ci racconta delle beffe ironiche condotte verso i gerarchi da Gino Cortese, prima a Caltanissetta insieme al suo amico Sciascia, poi a Parma per farsi riconoscere dai compagni. Tali beffe consistevano nel proporre discorsi di Stalin, Dimitrov, Churchill e Roosevelt attribuendoli a Mussolini, Bottai, Starace ecc.

Egli narra poi la vicenda della Quarantasettesima nei vari aspetti, non solo militari, ma anche sociali e umani. Oggi vale ancora la pena di rileggere quell’esperienza. Enrico Cortese la narra con sentimento vibrante, che commuove e coinvolge il lettore. La Quarantasettesima è vista dal di dentro, narrata anche attraverso testi scritti da testimoni, o costruiti sulla base di testimonianze. Vediamo il Commissario Ilio confrontarsi con fermezza con l’emissario degli alleati, il Maggiore inglese Holland, accusandolo di discriminare la Quarantasettesima nei lanci. Gino Cortese a sottolineare la necessità di mantenere un rapporto con la gente del luogo, l’inglese che invece guarda, cinicamente, solo agli aspetti militari. Il nostro che lega la lotta antifascista al bisogno di creare una società migliore e più giusta, il maggiore che lascia intendere fuori dai denti quello che poi apprenderemo e che abbiamo visto in Grecia: non vi lasceremo fare alcuna rivoluzione; Stalin ha già avuto la sua parte. Nel racconto di Enrico Cortese non possono mancare i travagli umani che colpirono la Brigata: comando decapitato dai tedeschi, processi a spie e a indisciplinati. La narrazione si sofferma sullo stato d’animo e le sofferenze interiori dei protagonisti. In quel frangente Ilio non trascurò mai la formazione dei compagni: dei partigiani, come dei i contadini e minatori tornato in Sicilia. Emanuele Macaluso ricordava dei quaderni di lezioni che da Parma Gino Cortese mandava ai compagni di Caltanissetta.

Gino Cortese con il comandante della 47^ Brigata Garibaldi

Terminato il conflitto Gino Cortese torna in Sicilia e si mette all’opera per la ricostruzione della Federazione del PCI. Il contesto è quello di una terra immiserita dalle distruzioni e dalla fame. Dell’annoso problema dell’assegnazione delle terre incolte o mal coltivate e dell’applicazione dei decreti Gullo-Segni. Il dibattito politico ferve fra autonomisti e indipendentisti. Sono anche gli anni in cui il banditismo si pone al servizio degli agrari e in cui alla lotta per l’occupazione delle terre polizia, carabinieri ed esercito si oppongono con le armi e con gli arresti. Il parlamentare Luigi Cortese viene arrestato e liberato solo dopo più di un anno. L’autore non manca qui di narrare le condizioni carcerarie dei detenuti, né le difficoltà socio-economiche in cui operavano i quadri del PCI e della CGIL.

Segue l’impegno parlamentare e la scelta del Milazzismo che susciterà tanto dibattito all’interno del PCI e del suo gruppo parlamentare. Enrico Cortese si sofferma sulle delusioni rimaste alla fine di quell’esperienza e sull’incapacità della Regione Siciliana di trovare uno sbocco alla crisi dei settori agricolo e minerario, nonostante le speranze suscitate dalla scoperta del giacimento petrolifero di Ragusa. Gino Cortese profuse notevole impegno nell’attività parlamentare proprio su questo tema come riferisce, l’autore.

La fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 vedono Gino Cortese impegnato in attività democratiche e culturali a fianco e a sostegno degli studenti anche nella costruzione di una biblioteca per gli universitari fuori sede. Non esiterà in fine, dopo la radiazione dei parlamentari che diedero vita alla rivista “il Manifesto” a fare il doloroso passo della ricerca di un’altra via di impegno politico.

La lettura del libro ci mostra la figura di Gino Cortese quale egli fu: un combattente colto e generoso, sempre attento ai bisogni della popolazione, la lotta al fascismo vista non solo come cacciata del nemico invasore, ma come lotta per una società, più giusta e democratica.