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Strage di via Carini, Palermo ricorda il suo prefetto

Sono passati 42 anni ma Palermo non dimentica la strage di via Carini.

A perdere la vita, per mano di Cosa Nostra, furono Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo.

Era il 3 settembre 1982 quando tutti i siciliani che vedevano in Dalla Chiesa una speranza furono travolti, invece, da sentimenti opposti: quello della rabbia e dello sgomento.
Non a caso, nel luogo del delitto apparve un manifesto con la scritta “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”.

Nonostante questo, quei palermitani onesti ogni anno continuano a ritrovarsi in via Carini per ricordare Dalla Chiesa e le vittime della strage.

Ed erano presenti anche questa mattina, nel giorno del 42esimo anniversario.

A rendere omaggio a Dalla Chiesa c’era anche il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, che ha ricordato il metodo del prefetto, ancora oggi utilizzato.

«Dalla Chiesa – ha detto De Lucia – ha combattuto il terrorismo e la mafia e ha insegnato a chi è venuto dopo a combattere Cosa nostra. Quel metodo che viene sempre evocato, il ‘Metodo Dalla Chiesa’, ancora oggi è applicato da tutti i quelli che possiamo definire i suoi allievi, l’arma dei carabinieri e tutte le forze di polizia».

Presente anche il figlio Nando Dalla Chiesa, che ieri nel luogo del delitto ha portato degli studenti e raccontato loro la storia di suo padre.

«Mi convinco che insegnare significa consegnare e io consegno loro tanti ricordi – ha detto Dalla Chiesa – . Quello che mi colpisce è come si coinvolgono e si emozionano, anche dopo 40 anni».

In rappresentanza del governo, a Palermo anche il ministro dell’interno Matteo Piantedosi.

Il ministro ha partecipato all’iniziativa in via Vittorio Emanuele, presso il cippo commemorativo dedicato al generale. Qui, infatti, si è svolto un omaggio floreale da parte dei bambini dei quartieri a rischio di Palermo.

«Carlo Alberto Dalla Chiesa negli anni più duri nel contrasto al terrorismo prima e alla mafia poi ha saputo parlare agli uomini, alle donne ai cittadini e alla comunità – ha detto Piantedosi -.

Il ricordo della strage di via Carini continua a interpellare le coscienze di ciascuno. E lo fa con una forza che supera l’esercizio di un doveroso atto di memoria. Questo perché il ricordo di Carlo Alberto Dalla Chiesa è straordinariamente vivo. C’è qualcosa, nel suo esempio, che ha saputo suscitare, e suscita ancora a distanza di 42 anni dalla morte, il senso di un impegno autentico, profondo, incondizionato».

Alle varie iniziative commemorative ha partecipato anche la figlia di Dalla Chiesa, Simona che ha ricordato invece l’isolamento vissuto dal padre durante quei cento giorni a Palermo.

«Sapevamo perfettamente la situazione di pericolo – ha detto la figlia Simona -. E sapevamo dell’isolamento, da parte della politica del tempo, in cui mio papà si trovava. Eravamo consapevoli, ma per me lui era invincibile ed ero convinta che anche in quella situazione così complessa ce l’avrebbe comunque fatta».

Chiara Conticello

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