di Fabio Pace

«Se un disegno di legge riceve 500 emendamenti vuol dire che non è emendabile ma che va integralmente riscritto». Lo ha dichiarato il Presidente della Commissione antimafia dell’Ars, Claudio Fava, chiedendo il ritiro del ddl sui Beni Culturali assegnato in discussione alla V Commissione denominato “Disposizioni in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio”. Una richiesta analoga a quella di Fava, altrettanto radicale, è stata avanzata da attivisti politici, ambientalisti, movimenti civici, associazioni culturali, sindacati, che ne hanno chiesto il ritiro. Il ddl viene letto come una aggressione della politica alla autonomia gestionale e decisionale delle soprintendenze. «C’è il rischio che partendo dal legittimo obiettivo di semplificare procedure e burocrazia – dice Fava – si finisca con lo scardinare tutto il sistema dei vincoli posti a salvaguardia del patrimonio paesaggistico, artistico e culturale della Sicilia. Questi aprirebbe la strada a speculazioni di ogni tipo e saccheggi del territorio fuori da ogni controllo». Per i firmatari del documento contro il ddl, l’articolato della nuova legge altro non sarebbe che un modo perché «il committente politico possa più facilmente condizionare le scelte delle istituzioni pubbliche». La nuova legge affiderebbe ai Comuni l’esercizio di funzioni quali autorizzazioni, valutazioni di compatibilità paesaggistica delle opere edilizie, azioni di vigilanza, adozioni di provvedimenti sanzionatori, che in atto sono competenza delle soprintendenze. Il documento contro il disegno di legge è firmato tra gli altri da Forum siciliano dei movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni; Legambiente Sicilia; Zero Waste Sicilia; WWF Sicilia; Italia Nostra Sicilia; Comitato Rodotà Beni Pubblici e Comuni Sicilia; Centro Consumatori Italia. Cinquecento emendamenti raccontano quanto l’articolato sia discutibile, per i firmatari del documento il ddl è «pericoloso, illegittimo e in contrasto con i principi dell’art. 9 della Costituzione italiana». Fava, inoltre, pone una questione politica affermando che «è grave l’assenza del neo assessore ai Beni Culturali, Samonà. Se il Governo decide di non confrontarsi con il Parlamento su una materia così sensibile, delle due l’una: o non sa cosa dire o preferisce non far sapere».