Fabio Pace
Sola in casa. Nessun segno di vita. I panni stesi non ritirati da giorni, nessuna risposta alle sollecitazioni dei vicini che hanno anche provato a suonare il campanello, inutilmente. Questi i segnali che hanno indotto i condomini di una palazzina nei pressi di via Virgilio a chiedere, questo pomeriggio poco dopo le 17, l’intervento della centrale di emergenza, che ha attivato vigili del fuoco e carabinieri. I timori, quando sono arrivati i militari e i vigili, erano che i soccorritori potessero trovarsi davanti ad una macabra scoperta. Invece questa storia, che in un quotidiano non varrebbe neppure due righe in cronaca, ha un lieto fine. La persona che non dava segni e notizie di sé è stata trovata nel suo divano, distesa, in discrete condizioni di salute, forse un po’ giù di tono e di morale perché nei giorni precedenti non era stata bene, ma comunque non in condizioni tali da richiedere interventi sanitari. Insomma quello che si definisce “un falso allarme”, gli equipaggi rientrano, magari dopo avere scambiato due chiacchiere con la persona soccorsa, dopo aver raccomandato ai vicini di rimanere sul chi va là, di tenere alta la soglia della attenzione. Eppure questa storia, che solo per pochi minuti ha animato il pomeriggio di qualche redazione, ci racconta molto di più. Ci racconta che le persone sole sono tante e che in questo periodo di lockdown la loro solitudine è stata amplificata dieci, cento, mille volte dai silenzi delle strade vuote, dalle notizie angosciose che arrivavano dalla TV, dalla compressione delle poche relazioni sociali che una persona lontana da affetti, o del tutto priva, ha dovuto subire. Questa storia ci racconta anche di un moto di solidarietà, spontaneo e intimamente preoccupato; ci racconta di un vicinato che non ha voluto trovare facile rifugio nell’indifferenza, nel tanto diffuso “non sono affari miei”. Questa storia ci racconta di una città in cui la socialità è in qualche modo negata alle persone avanti negli anni: se non sei in difficoltà economica perché i servizi sociali dovrebbero occuparsi di te? se non scegli di stare in un centro sociale per anziani, perché il Comune dovrebbe occuparsi di te? È una dimensione umana e personale, quella che questa storia ci racconta, e di un aiuto, di una breccia di luce nel buio della solitudine, che ha preso le forme di “un falso allarme”. In realtà di “falso” questo allarme non ha nulla. È tutto vero: di solitudine ci si può ammalare e questa volta la cura, il contatto umano, è arrivata con le divise di carabinieri e vigili del fuoco e con l’attenzione dei vicini.
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