Trapani. Processo Eirene, il “rebus” Papania

Si stringe il cerchio nel processo “Eirene”, celebrato davanti al Tribunale di Trapani, che ha portato in aula l’ex senatore Antonino Papania, accusato di voto di scambio politico-mafioso. Con lui, sul banco degli imputati, anche l’ex vicesindaco di Alcamo Pasquale Perricone e altri undici indagati.

Nella giornata di ieri, riflettori puntati sulla deposizione del commissario Mauro Riccitelli, alto dirigente dello SCO, il Servizio Centrale Operativo della Polizia, che ha condotto le indagini. Un’audizione destinata a fare rumore. «Nessun incontro accertato tra Papania e mafiosi», ha detto Riccitelli, precisando anche che «non ci sono prove di promesse di favori, nemmeno attraverso Perricone».

Parole che rimettono in discussione uno dei capisaldi dell’accusa: il presunto asse occulto tra politica e mafia in vista delle elezioni. Un’ipotesi che la difesa respinge con forza, denunciando l’assenza di riscontri concreti.

Ma le ombre restano. Il commissario Ricciuti, sentito in precedenza, aveva sottolineato che da alcune intercettazioni emergerebbe una chiara consapevolezza da parte di Papania del contesto mafioso in cui operava.

Tra i nomi che pesano come macigni, spunta quello di Francesco Coppola, considerato il nuovo boss della mafia alcamese, insieme ai commercianti Giosuè Di Gregorio e Giuseppe Diego Pipitone.

Prossima udienza il 18 luglio. Il puzzle è ancora incompleto.