di Mario Torrente
Il suolo è una risorsa fondamentale per la vita ed il benessere umano, bene prezioso da tutelare e proteggere dall’erosione, dall’inquinamento e dalla cementificazione. È importante per tantissime ragioni, a partire dalla produzione del cibo, ma anche per la regolazione del clima, visto che il suolo immagazzina grandi quantità di carbonio: ha quindi anche un ruolo nel mitigare i cambiamenti climatici ma è indispensabile pure per quel che riguarda gli aspetti idrici, visto che il terreno filtra l’acqua piovana, avendo un ruolo, con la sua permeabilità, nell’alimentare le falde. Si tratta del cosiddetto “effetto spugna”, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico.
E non bisogna dimenticare la sua centralità nella biodiversità, visto che il suolo è l’habitat di una infinità di microorganismi, insetti ed animali essenziali per gli equilibri ecologici. Insomma, nella terra c’è l’essenza stessa della vita. Eppure questa risorsa fondamentale continua a essere a rischio, con tutto ciò che ne consegue, visto che in ballo c’è la sicurezza alimentare ma anche il rischio frane e alluvioni un importantissimo serbatoio di carbonio ed un immenso patrimonio di biodiversità. Sotto i nostri piedi c’è insomma un complesso ecosistema in cui si concentrano funzioni essenziali per il mantenimento della vita e delle attività umane. Dal suolo dipende la nostra stessa sopravvivenza.
Proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica, dal 2013 ogni 5 dicembre si celebra la Giornata mondiale del suolo, istituita dalla Fao. E pochi giorni prima di questa ricorrenza l’Ispra ha diramato il rapporto 2024 sul consumo del suolo, “fotografando” la situazione in Italia, dove nell’ultimo monitoraggio, relativo al periodo 2022-2023, emerge come altri 75,2 chilometri quadrati del territorio nazionale sono stati occupati da cemento, asfalto e altre coperture artificiali, con una media di circa 20 ettari al giorno. Praticamente, in base a questi dati, in Italia ogni secondo si perdono 2 metri quadrati di suolo.
Facendo un calcolo procapite, nell’ultimo monitoraggio dell’Ispra relativo al periodo 2022-2023, ogni italiano ha consumato 1,09 metri quadrati di suolo naturale. Il segno più è presente praticamente in tutte le ragioni, tant’è che il parametro dei “virtuosi” da riferimento a chi è riuscito a “risparmiare” consumando meno suolo, con una avanzata che non è proporzionale alla crescita dei cittadini, da anni ormai in diminuzione. Di contro aumenta il degrado del suolo, con una crescente desertificazione (il 70 per cento della Sicilia è considerato a rischio desertificazione), erosione e consumo di suolo nelle aree urbane che continuano ad espandersi a scapito dei terreni agricoli e naturali. Il tutto compromettendo la capacità di produrre cibo e mantenere egli ecosistemi funzionanti. Per non parlare della regolazione del clima.
Sempre più asfalto e cemento, dunque, con le aree impermeabili in crescita a scapito di quelle libere: in totale oltre il 7 per cento del suolo italiano risulta cementificato, precisamente 21.578 chilometri quadrati, mentre, nell’ultimo anno, il ripristino delle aree naturali è poco più di 8 chilometri quadrati. Tutto ciò in un territorio fragile dal punto di vista idrogeologico, con frane e alluvioni in costante aumento anche a causa della crisi climatica che porta ad eventi meteo sempre più violenti ed imprevedibili. E la cementificazione contribuisce a rendere i territori meno sicuri visto che l’impermeabilizzazione del suolo aumenta il rischio dei disastri.
C’è dunque una chiara ed evidente esigenza di tutelare il suolo. Ed in Italia c’è davvero bisogno di un’inversione di marcia proprio per le caratteristiche, e le fragilità, dell’intera penisola. Come ricordato dal Wwf, l’Italia è il paese europeo con la maggiore diversità di suoli, potendo contare su 25 diversi tipi di suolo rispetto ai 30 riconosciuti a livello globale. Venticinque su un totale di trenta. Siamo dunque oltre il 70 per cento del patrimonio mondiale per quel che riguarda i tipi di suolo.
In tutto ciò a livello internazionale si comincia a parlare di rigenerazione urbana con da un lato la riduzione del consumo di suolo, dall’altro sul ripristino delle condizioni di permeabilità. L’obiettivo dell’utilizzo sostenibile dei suoli è contenuto nella “Strategia del suolo per il 2030”, documento datato 17 novembre 2021, nell’ambito del Green Deal Europeo. Nel lungo periodo si punta ad un consumo di suolo pari a zero entro il 2050. Le parole d’ordine sono tutela e salute dei suoli, con azioni concrete da mettere in campo entro il 2030, a partire dalle misure per contrastare l’inquinamento a salvaguardia della salute delle persone e degli ecosistemi. L’imperativo è fermare il degrado dei suoli ed in questa sfida, che riguarda tutti, ognuno può fare la propria parte anche a livello locale. Come? Innanzitutto limitando la cementificazione e favorire il recupero delle aree urbane dismesse, liberando terreno dalle strutture che non vengono più liberate. Ogni centimetro quadrato di terreno di nuovo permeabile può diventare fondamentale.
C’è poi il rimboschimento. Per fare tornare a “respirare” il suolo servono alberi ed una copertura vegetale capace di prevenire l’erosione, drenare le acque e migliorare la qualità dell’acqua, aiutando così a contrastare la crisi climatica.