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Pizzo: la Sicilia che non parla

L’omertà in Sicilia è ancora un muro arduo da abbattere, soltanto un commerciante su 100 a Palermo, ha il coraggio di ribellarsi e denunciare il racket del pizzo. Il quadro desolante sulla situazione nel capoluogo dell’isola.

di Serena Giacalone

Un tema persistente, quello della mafia, che continua a tormentare la nostra società, proprio come quarant’anni fa. All’epoca, gli eroi della memoria dei nostri nonni erano quegli uomini in camicia, simboli di una lotta complessa e pericolosa, intrisa di pizzo e complicità. Tra questi, spicca la figura di Libero Grassi, un uomo che ha condotto una battaglia solitaria e coraggiosa contro il racket. Quell’eroismo, quel coraggio, sembra oggi svanire nel nulla; sembra che nessuno, o quasi, abbia la forza di opporsi.

Ma ci si interroga: è questa una questione che si riduce a una mera paura o a una mancanza di coraggio? O piuttosto esiste un desiderio, profondo e radicato, di sentirsi protetti, di ricreare un legame simile a quello del “cliens – patronus” dell’antica Roma?in cui il cliens è il commerciante e il patronus un “uomo d’onore”, un mafioso.

È lecito chiedersi se i commercianti siciliani non siano privi di coraggio, ma piuttosto condizionati da un retaggio culturale che rende più conveniente, se non addirittura necessario, instaurare un rapporto di dipendenza con la mafia. Ignorare questa complessa dinamica sarebbe un errore fatale, poiché la complicità e la connivenza emergono con chiarezza nei documenti dei processi mafiosi, rivelando una rete intricata di relazioni e interessi.

Tuttavia, esistono imprenditori che si rifiutano di piegarsi al giogo della mafia e del racket. Secondo un sondaggio condotto da “AddioPizzo”, solo 1 commerciante su 100 ha il coraggio di denunciare dopo essere stato avvicinato dai clan mafiosi. Ma è davvero solo una questione di paura? E quale è la realtà di Trapani, una città che, come molte altre in Sicilia, vive sotto il peso di questa eredità

La mafia che si annida a Trapani non è quella tradizionale dei “viddani”, ma una mafia borghese e sofisticata, che si insinua nel tessuto economico seguendo un preciso filone: banche, imprenditori, aziende, tutte sotto l’egida di Cosa Nostra. Le indagini sul fenomeno noto come “Cosa Nostra 2.0” hanno rivelato l’entità di questo controllo, dimostrando come la mafia abbia saputo evolversi e adattarsi, infiltrandosi nei settori chiave dell’economia.

Esiste una volontà di mafia che permea il tessuto sociale trapanese, una volontà che si manifesta nella complicità silenziosa di coloro che, per convenienza o per sopravvivenza, scelgono di non opporsi. La vera sfida, oggi, è rompere questo silenzio, spezzare le catene di una cultura che, per troppo tempo, ha permesso alla mafia di prosperare. Solo così potremo realmente iniziare a scrivere un nuovo capitolo, libero dalle influenze di un passato che, nonostante tutto, continua a far sentire il suo peso.

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