di Fabio Pace

Daniela Toscano non può mettere piede nel luogo di lavoro, quindi non può firmare, non può consultare gli atti amministrativi, non può prendere parte alle attività dell’esecutivo. Questo sul piano pratico. Sul piano del diritto dovrebbe essere considerata automaticamente sospesa dalle funzioni ai sensi del DECRETO LEGISLATIVO 31 dicembre 2012, n. 235, art. 59 comma 1 lettera C dove si legge testualmente “…La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l’applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale nonché di cui all’articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale”. È quest’ultimo il caso dell’art. 283 cpp che riguarda Daniela Toscano. In linea di principio generale un Comune non può essere amministrato a lungo senza il suo sindaco democraticamente eletto. Anche perché il primo cittadino – come stabilisce il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali approvato con il decreto legislativo 267/2000 – riveste funzioni chiave nel ruolo di ufficiale del Governo. Si potrebbe considerare il divieto di dimora un impedimento temporaneo, poiché esso potrebbe essere appellato dalla interessata e lo stesso provvedimento, quindi revocato. La sospensione infatti cessa nel caso in cui nei confronti dell’interessato venga meno l’efficacia della misura coercitiva, come si legge allo stesso articolo 59 comma 5 del Decreto legislativo. Nelle more la legge prevede che sia il Vice Sindaco, che sia stato precedentemente indicato nella costituzione di giunta dal sindaco impedito, a sostituirlo in caso di assenza o di impedimento temporaneo. Se però il provvedimento di divieto di dimora dovesse essere confermato si aprirebbero altri scenari, poiché l’impedimento non sarebbe più temporaneo, e si potrebbe giungere anche alle indispensabili dimissioni della sindaca e, quindi, a commissariamento ed elezioni anticipate.