Vittime di violenza e orfani di femminicidio assunti nella pubblica amministrazione

Approvata la norma all’Ars

Come per le vittime di mafia, adesso anche le donne che hanno subito violenza di genere e riportato una deformazione o uno sfregio permanente potranno essere assunte, per chiamata diretta e personale, dalla Regione, dai Comuni, dalle Asp e dagli Enti e Istituti Vigilati. Lo stesso vale per i figli delle vittime di femminicidio.

E’ quanto prevede una nuova legge stralcio alla finanziaria, frutto di un accordo bipartisan, approvata ieri in Assemblea Regionale. “La presente proposta – si legge nella relazione tecnica alla norma – nasce della necessità di lavorare sia sul fattore culturale che sulla cosiddetta percezione del problema concernente la violenza sulle donne, considerato il continuo aumento delle vittime di femminicidio nel territorio regionale. Si tratta di un primo tassello utile all’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza, con danni permanenti e visibili, ma anche dei figli orfani di madre, a causa di femminicidio”.

In Sicilia, nel 2023, sono state sei le vittime di femminicidio, due in provincia di Trapani: Marisa Leo, assassinata dall’ex compagno nelle campagne di Marsala e Anna Elisa Fontana, data alle fiamme dal convivente a Pantelleria.

“L’approvazione delle misure a favore dell’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza e degli orfani delle vittime di femminicidio – sottolinea Valentina Colli, presidente provinciale dell’Udi, Unione Donne Italiane – costituisce un tassello per una rete a sostegno di percorsi che favoriscano la costruzione di una cultura che superi e prevenga questo fenomeno. La difficoltà maggiore per queste donne sta proprio nell’accesso alle misure di contrasto alla povertà, nella possibilità di ricevere un sostegno economico per intraprendere un percorso nuovo e di autonomia dall’autore della violenza, che spesso è il marito o compagno. La mancanza di autonomia – prosegue Colli – è spesso, alla base della mancanza di denunce o della possibilità di ribellarsi al compagno padrone.

È un sostegno importante per le donne in uscita dal fenomeno della violenza, per sottolineare e favorirne l’indipendenza e, in egual misura dal punto di vista culturale, per gli orfani dei femminicidi. È importante che questa misura non resti isolata, sia parte di un’agenda più ampia per il contrasto alla violenza di genere, e non sfoci nell’assistenzialismo fine a se stesso”.