Lo ha ammesso l’azienda aerospaziale BOEING che ha scagionato anche i piloti
Era il 10 marzo di due anni fa. Sebastiano Tusa, nel ruolo di assessore siciliano alla Cultura, Tusa era diretto in Kenya, per un progetto dell’Unesco, dove era già stato nel Natale scorso insieme con la moglie, Valeria Patrizia Li Vigni, allora direttrice del Museo d’Arte contemporanea di Palazzo Riso a Palermo e ora direttrice della Soprintendenza del Mare. Su quel volo, nella lista passeggeri figurava anche lui, Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale. C’erano 157 persone a bordo, otto delle quali italiane, e non ci fu alcun superstite.
Il Boeing 737 dell’Ethiopian Airlines è precipitato dopo il decollo da Addis Abeba mentre era diretto a Nairobi.
Ora, quell’incidente, ha dei colpevoli: l’azienda aerospaziale Boeing ha accettato di assumersi la responsabilità dell’incidente del 737 Max avvenuto in Etiopia nel marzo del 2019, che ha procurato la morte di 157 persone e che è stato causato da un difetto nel sistema dell’aereo. Secondo i media locali, gli avvocati della Boeing hanno presentato la richiesta in una corte federale di Chicago mercoledì.
«L’imputato, Boeing, ha ammesso di aver fabbricato un aereo con una “condizione” non sicura, che è stata la causa prossima dei danni causati dallo schianto del volo 203 di Ethiopian Airlines», si legge nel documento del tribunale. Boeing ha inoltre precisato che i piloti non hanno avuto colpa per lo schianto e ha anche scagionato due dei fornitori di Max coinvolti nella produzione dell’aereo.