Contrariamente a quanto dichiarato pubblicamente da Enrico Rizzi, non tutti i procedimenti penali nati da denunce del dottor Fabio Rotolo – medico veterinario dell’Asp di Trapani – si sono conclusi con un’assoluzione. A smentire la narrazione diffusa sui social dall’attivista è l’avvocato Manuela Canale, legale di Rotolo, che precisa come uno di questi procedimenti si sia concluso con una condanna definitiva nei confronti di Rizzi.
La vicenda giudiziaria risale al 2016 e riguarda la gestione di due cani randagi nel territorio comunale di Trapani, uno dei quali morì. In quell’occasione, Rizzi rivolse a Rotolo – che stava operando secondo le procedure previste – accuse di particolare gravità, culminate in minacce e dichiarazioni diffamatorie. La polemica, all’epoca, suscitò un acceso dibattito anche a livello mediatico.
Il Tribunale di Trapani, prima, e la Corte d’Appello di Palermo, poi, il 4 ottobre 2021 hanno riconosciuto Rizzi colpevole dei reati di minaccia aggravata e diffamazione aggravata. La sentenza è passata in giudicato. Oltre alla condanna, i giudici hanno disposto il risarcimento dei danni in favore di Rotolo e il pagamento delle spese processuali.
Diversa la conclusione di un secondo procedimento, più recente, sempre avviato su querela del medico veterinario, nel quale Rizzi è stato assolto. Tuttavia, nelle sue dichiarazioni pubbliche, l’attivista ha omesso ogni distinzione tra i due casi, lasciando intendere – erroneamente – che entrambi si siano chiusi con un’assoluzione.
In una nota ufficiale, l’avvocata Canale ha diffuso la documentazione della sentenza di condanna, sottolineando l’importanza di ristabilire i fatti:
“È doveroso precisare – afferma – che il signor Rizzi è stato condannato per i reati di minaccia e diffamazione aggravata, con sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. Riteniamo necessario tutelare l’onorabilità del dottor Rotolo e impedire la diffusione di informazioni fuorvianti sull’esito di un procedimento penale che lo ha visto parte lesa”.
Rotolo, costituitosi parte civile, ha scelto di difendere la propria immagine e la propria dignità professionale, in un contesto che lo ha visto pesantemente attaccato sul piano personale. La sentenza riconosce in modo inequivocabile il carattere diffamatorio delle accuse rivoltegli da Rizzi e conferma la legittimità dell’azione legale intrapresa.