di Mario Torrente
La crisi idrica in Sicilia ha riacceso i riflettori sul dissalatore di Trapani che da molti anni non è più in funzione. E davanti allo spettro della siccità comincia a farsi largo l’ipotesi di tornare a puntare sulla dissalazione dell’acqua di mare.
L’impianto è fermo dal 2014 ed in questi dieci anni di inattività la struttura, di proprietà della Regione, è stata vandalizzata e depredata. Ormai sembra quasi una cattedrale del deserto davanti le saline di Trapani. I suoi moduli non producono più acqua da vent’anni e le condotte sono vuote da tempo. Con tutto ciò che ne consegue. Di fatto, in queste condizioni è inutilizzabile ed il suo ripristino in caso di necessità, quanto meno nel breve periodo, appare davvero di difficile attuazione.
Va detto poi che il dissalatore di Trapani risale ai primi anni Novanta e quando assicurava l’erogazione idrica nel territorio, con una portata di oltre 300 litri al secondo, usava una tecnologia che oggi è decisamente obsoleta e ampiamente superata, con costi di gestione piuttosto alti ed una qualità dell’acqua già allora ritenuta non proprio ottimale. A questo va aggiunto che i danni accumulati in questi venti anni di fermo sembrano proprio escludere ogni ipotesi di un suo ripristino. Ma la decisione spetta alla Regione, alle prese con l’emergenza idrica. E tra le soluzioni in fase di valutazione, a quanto pare e secondo quanto prospettato dai vertici del governo regionale, sembra esserci anche quella del ripristino dei dissalatori fermi.
Tra questi c’è anche quello di Trapani. Ma c’è da vedere come e quando. Se aggiustando l’impianto in disuso da vent’anni (con quali costi e tempi?) o se costruendone uno nuovo? Se in quest’area o in una nuova zona davanti la Riserva delle Saline sarà da valutare, ma appare ovvio la necessità di ricorrere alle moderne tecnologie, con tutti vantaggi che ne deriverebbero, anche per quel che riguarda i costi di gestione.
In tutto ciò resta sempre la stessa domanda: cosa ne faranno, quindi, del dissalatore di Trapani? Sarà aggiustato o rifatto completamente nuovo? Oppure continuerà ad essere lasciato in queste condizioni di degrado e abbandono, vandalizzato e con tutt’attorno cumuli di rifiuti? Tutte domande a cui la politica, a tutti i livelli, a partire da quella regionale per arrivare alle amministrazioni locali, è chiamata a dare precise risposte. Meglio se con fatti concreti a stretto giro visto che il rischio di restare a secco è quanto mai concreto.