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In scena a Salemi “Pìetas. Ovvero, della guerra e della pace” per la regia di Massimo Pastore

L’appuntamento è in programma mercoledì 15 giugno alle ore 21 al centro Kim di Salemi con ingresso libero.

Simone Weil, per la quale la giustizia è eternamente in fuga dal campo dei vincitori, racconta come a suo parere l’Iliade, assai più dell’Odissea e dell’Eneide, rappresenti il poema della forza e della sventura. «Gli uomini non sono divisi in vinti, schiavi e supplici da un lato, in vincitori e capi dall’altro; non ce n’è uno che a un certo punto non sia costretto a piegarsi sotto la forza».
«L’Iliade – scrive ancora – è unica proprio per questa amarezza che deriva dalla tenerezza e che si diffonde in tutti gli esseri umani. Nulla di prezioso, destinato o meno a perire, è disprezzato». Pietà e compassione sono l’unica risposta possibile alla sventura e, in questo senso, il poema di Omero non ha avuto imitazioni. Da laica cristiana, la Weil, non poteva poi non vedere come lo stesso
Vangelo fosse l’ultima e meravigliosa espressione del genio greco.
In un certo senso, anche la riscrittura dell’Iliade, che Alessandro Baricco compie nel 2004, segue questa linea interpretativa. Ma la totale assenza del divino nella riscrittura di Baricco porta la leggenda della guerra di Troia ai giorni nostri, facendo emergere dal testo omerico ciò che per tanti secoli e fino a poco fa è stata la protagonista della storia: la guerra. Veniamo dal secolo delle due
grandi guerre mondiali e ancora continuiamo a combatterci per sete di potere. È proprio questo che tenta di fare Baricco: cogliere il senso più profondo dell’Iliade, «tra le righe di un monumento alla guerra, la memoria di un amore ostinato per la pace»: la voglia di quiete dei protagonisti leggendari.
In una storia scritta dai vincitori, rimangono anche le figure dei nemici troiani; in un susseguirsi di attacchi e battaglie sanguinose, ciò che resta e che viene sottolineato è la lealtà delle persone, il loro animo rispettoso nei confronti del prossimo, incarnando l’ipotesi di una civiltà alternativa, libera dal dovere della guerra. E oggi? Come raccontare la guerra oggi, mentre la sua eco bussa potentemente alle nostre porte? Quale interpretazione, quale postura razionale assumere di fronte all’orrore perpetuato, ora dopo ora, nella martoriata Ucraina? Sono queste le domande che hanno animato e ispirato il laboratorio
teatrale da me condotto con gli alunni del Liceo Classico di Salemi, liceo diretto con straordinaria passione dalla professoressa Francesca Accardo. Le ragazze e i ragazzi, in scena mercoledì al Centro Kim di Salemi, hanno anche voluto inserire, all’interno di questa narrazione disincantata della guerra e dei suoi dolori, alcuni loro testi scritti sotto l’emozione delle risonanze emotive che si
andavano sedimentando incontro dopo incontro. Ne è scaturito uno spettacolo, mi si perdoni la presunzione, commovente e luminoso per la bellezza che riesce a costruire sotto gli occhi degli spettatori. Bellezza che è tutto merito di Alessio Caradonna, Simona Caradonna, Elena Catania, Vito Cucchiara, Melissa Di Giovanni, Sofia Di Stefano, Ignazio Marchi, Adriana Scalisi, Giuliana
Tricomi: nomi che cito con emozione per la cura devota e la raffinata intelligenza con cui hanno saputo affrontare la ricerca e la scoperta delle magie della scena. Un ringraziamento particolare va all’instancabile e preziosa professoressa Concetta Pecorella, tutor – assieme al professor Gioacchino La China – del progetto. Ad arricchire lo spettacolo, gli interventi degli alunni del laboratorio musicale diretto da Monia Grassa (tutor la professoressa Enza Lipari).

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