56 anni di ricostruzione incompiuta

Quella che colpì la valle del Belice fu la prima grave emergenza del dopoguerra. Un violento terremoto, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio, colpì la Sicilia occidentale e, più nello specifico, le province di Agrigento, Palermo e Trapani.

Gibellina, Montevago, Poggioreale e Salaparuta furono rase al suolo, mentre furono gravemente danneggiati vari territori tra cui Partanna, Santa Ninfa, Salemi, Vita e Calatafimi.

Tante le scosse: le più forti furono il 14 e il 25 gennaio del 1968 ma il periodo sismico si concluse nel febbraio del 1969.

Il bilancio fu pesantissimo: ufficialmente furono 296 persone a perdere la vita, mille rimasero feriti e 100mila persero la propria abitazione. Il grave terremoto mise in luce, tra le altre cose, anche la fatiscenza delle abitazioni che, chiaramente, non potevano reggere alle scosse e tanti furono i danni causati al patrimonio edilizio rurale. Lunghi, poi, furono i lavori di ricostruzione: dopo decenni, i paesi della valle sono stati ricostruiti ma in luoghi distanti da quelli originari che furono interessati dal terremoto. Esorbitanti poi le cifre: per la ricostruzione, non del tutto completata, sono stati spesi ai valori attuali oltre sei miliardi di euro. E proprio sulla ricostruzione, ieri sera, è intervenuto l’onorevole Nicolò Catania, durante la cerimonia commemorativa che si è svolta a Santa Ninfa.

«La questione della ricostruzione da alcuni anni è ferma e non è più rinviabile – ha detto il deputato – il fabbisogno sia per l’edilizia privata che per le opere pubbliche è già cristallizzato e manca solo lo stanziamento delle somme. Oggi celebriamo 56 anni dal terremoto del 1968 ricordando con commozione le vittime, ma è mortificante che ancora discutiamo di ricostruzione incompiuta».