di Serena Giacalone
La tradizione culinaria siciliana è davvero affascinante e ricca di influenze diverse. Durante il periodo del regno borbonico nel Sud Italia, i cuochi francesi, chiamati Monsù hanno svolto un ruolo importante nella cucina della nobiltà Isolana. Questi cuochi hanno sapientemente fuso culture gastronomiche diverse e introdotto nuove tecniche culinarie. Avere un Monsù era motivo di vanto e orgoglio per le famiglie aristocratiche, tanto che spesso si verificavano dispute per accaparrarsene uno. La presenza dei Monsù ha contribuito a consolidare la grande cucina baronale tra il Settecento e l’Ottocento.
Anche nella letteratura più celebre si fa riferimento ai Monsù, come nel romanzo “I Vicerè” di Federico De Roberto e ne “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. I cuochi francesi hanno rielaborato con sapienza le pietanze creando piatti che ancora oggi sono parte integrante della tradizione culinaria siciliana, come il gatò di patate (dal francese gateaux) e il falsomagro.
Il gatò di patate è un piatto ricco e gustoso che unisce perfettamente patate, formaggio e salumi. È molto diffuso sia nella tradizione napoletana che in quella siciliana.
Il falsomagro, invece, è un secondo piatto di carne che si trova spesso nelle feste solenni in Sicilia. Le origini di questo piatto risalgono al Quattrocento, durante il dominio aragonese. I Monsù, per rendere la carne dura e fibrosa più appetibile, la farcivano con aromi ed erbette creando un piatto chiamato “viand farcie de maigre” (carne farcita di magro). Il popolo, non conoscendo il francese, interpretò il nome come “falso magro” e creò una versione del piatto con salumi, uova sode e formaggio che era l’opposto di quello originale.
In conclusione, la presenza dei Monsù nella tradizione culinaria siciliana ha contribuito a creare piatti unici che ancora oggi sono parte integrante della nostra cultura gastronomica.