Quasi il 100 % dell’acqua nelle case degli italiani è conforme agli standard di sicurezza, risultando quindi sostenibile e sicura.
Tuttavia, nonostante questi dati positivi, circa un italiano su tre continua a non fidarsi della qualità.
A rivelarlo è il primo rapporto elaborato dal Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque (CeNSiA) dell’Istituto Superiore di Sanità presentato oggi.
Il rapporto ha esaminato i risultati di oltre 2,5 milioni di analisi chimiche, chimico-fisiche e microbiologiche condotte in 18 Regioni e Province Autonome. Analisi che corrispondono a oltre il 90% della popolazione italiana, tra il 2020 e il 2022.
I dati registrano come regione migliore, sia per i parametri sanitari chimici e microbiologici sia per i parametri indicatori, l’Emilia-Romagna seguita da Veneto e Piemonte. I tassi di conformità minori per parametri sanitari, invece, sono registrati nelle Province Autonome di Trento e Bolzano.
Nonostante questi risultati rassicuranti, la percezione pubblica rimane scettica.
Un sondaggio allegato al rapporto ha indicato che il 33% degli italiani preferisce evitare di bere l’acqua del rubinetto, optando invece per quella in bottiglia.
Le ragioni di questa sfiducia sono varie, dall’efficacia dei controlli alle possibili contaminazioni durante il trasporto e la distribuzione.
Questa mancanza di fiducia potrebbe derivare anche da percezioni soggettive, come il sapore o l’odore, che possono variare a seconda delle zone e delle caratteristiche delle tubature domestiche.
Tuttavia, l’Istituto Superiore di Sanità ha assicurato che tutte le problematiche vengono costantemente monitorate e che le infrastrutture vengono aggiornate per prevenire qualsiasi rischio.
Sembrerebbe, insomma, che in Italia ci sia una tra le acque potabili più sicure e controllate a livello mondiale, ma resta fondamentale continuare a promuovere una maggiore consapevolezza e fiducia tra i cittadini.
Chiara Conticello