di Mario Torrente
La storia di Trapani passa dalle sue barche e dai mestieri da sempre legati al mare. Pietro Monteleone nel suo libro racconta un modo che non c’è più passando in rassegna le tipiche imbarcazioni che per secoli hanno composto il variegato naviglio trapanese, come il gozzo, la varca longa, i buzzi, i leutelli, lo schifazzo, parlando anche delle tecniche di pesca e le attività legate ad ogni tipo di imbarcazioni, compresi quelli usati per la tonnara, come i parascami e le muciare. Ma nel racconto delle barche tipiche trapanesi c’è anche il trabaccolo, la tartana ed il bovo ed altri legni che per secoli hanno solcato i mari del Mediterraneo facendo porto a Trapani. Barche che sono presenti negli ex voto che ancora oggi si possono ammirare nella Basilica della Madonna e che Pietro Monteleone nel suo libro, ben documentato e corredato da una attenta e minuziosa ricerca, riporta con immagini e storia.
Un lavoro di studio e indagine che porta indietro al tempo dei mastri marina, così come venivano chiamati a Trapani, ma ai cantieri ed a tutti i mestieri legati al mare e ad un mondo che non c’è più ma che merita di essere raccontato e tramandato alle future generazioni che non disperdere una memoria scritta nel dna della comunità trapanese.
Sfogliando le pagine del libro Monteleone spiega, in un tuffo nella Trapani antica, anche le parti del porto riservate ad ogni tipo di barca, le decorazioni, il significato dei simboli apotropaici, soffermandosi anche sull’armamentario velico e sulla stessa struttura delle barche, illustrando pure le tecniche costruttive, le parti dello scafo e gli strumenti utilizzati a partire dal mezzo garbo.
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