Il libro della domenica

di Serena Giacalone

Nel 1983, mia nonna acquistò in lire il libro “Siciliani si nasce” di Vittorio Schiraldi, una testimonianza dell’eredità culturale e sociale siciliana degli anni ’80.

(il giornalista Vittorio Schiraldi)

L’autore dipinge Palermo come una città madre, simbolo delle contraddizioni italiane, esplorando speranze e disillusioni dei suoi abitanti. 

Che cosa fa un giovane a Palermo? Questa la domanda che da luogo all’intera narrazione. Un giovane a Palermo spera di andarsene. Forse non partirà mai, ma se parte, fin dal primo giorno pensa di tornare e sa già magari che questo ritorno non avverrà mai. Soprattutto, se resta, non perdonerà chi è riuscito a partire (o tradire?), sia se avrà successo, sia se fallirà. 

Palermo è una città con cui è impossibile spezzare il cordone ombelicale, lo scrittore lo sa bene e non lo tenta nemmeno.

Dunque, il legame indissolubile con Palermo diventa metaforicamente un rapporto materno-filiale, dove criticare la città equivale a criticare se stessi e comprendere Palermo significa comprendere la Sicilia e l’Italia.

(Palermo vista dall’alto)

“Siciliani si nasce” è un libro che mette in luce il patriottismo di chi vive in questa splendida isola, ma al contempo riflette una Sicilia degli anni ’80 che purtroppo non dà speranza a chi la abita. È un libro che merita di essere letto perché porta ad una riflessione importante, fa amare e al contempo detestare un’isola di cui chi la vive non riesce a fare a meno. Un’opera ormai dimenticata che deve tornare ad essere letta.