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venerdì, Marzo 29, 2024
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Presto a giudizio per gli attentati dinamitardi l’ingegnere che costruiva pendrive esplosivi

Roberto Sparacio è accusato di aver ferito anche un ispettore di polizia che ha riportato gravi traumi ad una mano

di Fabio Pace

Si avvia verso il giudizio immediato la vicenda di cronaca di Roberto Sparacio, definito unabomber, accusato di aver ferito più persone attraverso oggetti esplosivi di sua fattura. Una vicenda singolare che ha numerosi risvolti, anche per la complessa personalità dell’indagato. Le indagini su Roberto Sparacio presero le mosse dal ferimento di un ispettore della polizia di stato della squadra di polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica avvenuto l’8 ottobre dello scorso anno. L’ispettore Gianni Aceto inserì nel computer una chiavetta USB che esplose provocandogli ferite a una mano. Indagini non semplici che ricondussero in prima battuta all’originale destinatario del pen drive, un’avvocata alcamese, Monica Maragno, e alle sue attività professionali. L’avvocata Maragno ricevette il pen drive nel settembre del 2016, per posta, apparentemente inviato dal suo ordine professionale. Non riconoscendo l’originalità del plico l’avvocata consegnò tutto alla Procura. Trascorsi quasi due anni fu nel corso degli accertamenti di polizia giudiziaria che il pen drive finì nelle mani dell’ispettore Aceto. Scavando nelle attività professionali dell’avvocata Maragno gli investigatori della squadra mobile si sono imbattuti in un contenzioso, tutto di natura civilistica, in cui Sparacio era controparte di un cliente dell’avvocata Maragno che rifiutò una transazione di 20mila euro in luogo dell’originale debito di 200mila. Il dato è stato incrociato con un’altra indagine, ma condotta dalla polizia di Palermo, molto simile. Un uomo rimase ferito ad una mano a causa dell’esplosione di un pen drive. La vittima di questo attentato anche in questo caso fu del tutto casuale perché il pen drive era stato sottratto dai locali di un negozio di Palermo e il vero obiettivo era la titolare del negozio, Morena Dalì. La colpa di Morena Dalì era quella di essersi aggiudicata ad un’asta giudiziaria un immobile di proprietà della famiglia Sparacio. La ricorrenza del cognome in due vicende civilistiche e fallimentari non sfuggì agli investigatori trapanesi che acquisirono il fascicolo di indagine cominciando a comporre il mosaico investigativo. Il quadro di indagine consentì l’individuazione di Roberto Sparacio e il suo arresto nel maggio scorso. Nella perquisizione della sua abitazione e di locali di sua pertinenza, a Pantelleria, gli investigatori della Mobile rinvennero un vero e proprio laboratorio nel quale Sparacio, ingegnere informatico e uomo di multiformi interessi, aveva allestito un vero e proprio laboratorio officina da artificiere. Probabilmente in questi locali confezionò i pendrive esplodenti. Le tessere del mosaico andando al loro posto, e grazie anche alle dichiarazioni dello stesso Saparacio, ricostruiscono altre due vicende avvenute a Pantelleria. Una videocassetta esplosiva, inviata ad un dirigente del comune di Pantelleria che perse due falangi di una mano, vicenda che però non è oggetto del giudizio in corso e verosimilmente stralciata. E poi un’altro fatto, avvenuto nel 2014, che coinvolse un dipendente di Sparacio, Andrea Policardo, che gli chiese il pagamento di emolumenti arretrati, anche in maniera aspra. Per tutta risposta SPARACIO cosparse il sedile dell’auto di Policardo di iprite, un gel particolarmente corrosivo e irritante (veniva impiegato nella prima guerra mondiale sotto forma gassosa). Poche gocce che però condussero Policardo in ospedale con ustioni di II grado ai glutei. Il processo contribuirà a definire la complessa personalità di Roberto Sparacio, come detto ingegnere informatico, con intuizioni perfino geniali, elevate capcità tecniche e conm competenze che vanno oltre il suo campo. persona educata, capace di intrattenere relazioni urbane, ma anche, come dimostrano le vicende di cronache vendicativo e disposto a gesti intimidatori per fare valere le sue ragioni. Un processo che sarà certamente complesso come la personalità dell’indagato. Roberto Sparacio è difeso dall’avvocato Carlo Emma. Tra le parti civili, a rappresentare l’ispettore Gianni Aceto, c’è l’avvocato Nino Sugamele.

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