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sabato, Aprile 20, 2024
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“Il Wwf non ha mai impedito la pulizia di torrenti, canali e fiumi”

Di seguito una riflessione del direttore della Riserva delle Saline di Trapani e Paceco Silvana Piacentino dopo quanto accaduto a Salinagrande per l’esondazione del torrente Verderame.

Nel tempo si è persa la conoscenza e la coscienza che avevano i nostri nonni, di quelle che sono le leggi della natura.
Si è spostato il baricentro della vita, dalle campagne alle città, città che sono cresciute quartiere dopo quartiere, e purtroppo sono state adottate anche in taluni casi scelte “discutibili” che oggi presentano il conto: quando piove, l’acqua da qualche parte deve andare, solo che adesso si trova incastrata, e costretta a fare involontariamente danni a cose e a persone.
Una semplice legge di natura purtroppo dimenticata in nome dello sviluppo ovunque, e sempre di più, come se poi tutti i luoghi fossero uguali, senza molti limiti. Si sa che c’è un tempo di ritorno delle piene. Ogni fiume ha la sua e i tecnici le conoscono. Salvo non doverne tenere conto, non più, perché questi “tempi di ritorno” sono stati stravolti in parte da cambiamenti climatici.
Ma al di là dei tempi di ritorno, a ciascun fiume il suo, una volta accanto ai fiumi c’erano le aree alluvionali, le anse, dove non si costruiva, non si interveniva se non con coltivazioni stagionali: gli agricoltori si sapevano perfettamente che se avesse piovuto molto, sarebbero andate perse.
Queste aree alluvionali erano naturali “casse di espansione”, dove la tanta, tantissima acqua poteva esondare e rallentare il suo percorso verso il mare. Le anse, le cosiddette “curve” attenuavano la potenza della portata e l’acqua, appunto, poteva sfociare lateralmente, per poi diminuire o penetrare nel suolo e arricchire le falde per tempi più magri.
Tutto dimenticato. E ci siamo abituati anche ad un costante aumento della cementificazione con “processi di urbanizzazione ed infrastrutturazione” che consumano irrimediabilmente le risorse ambientali.
Abbiamo obbligato la maggior parte dei corpi idrici in alvei sempre più ristretti, abolito le zone di esondazione naturale e occupato intere aree che erano lo sfogo naturale delle acque, le aree alluvionali occupate, impermeabilizzate, anche “sollevate”, di fatto non esistono quasi più.
Così come ci si è dimenticati che scaricare reflui nei corsi d’acqua, ne altera la vegetazione, sia in termini di qualità che di QUANTITÀ. Ed ecco che più “nutrienti” finiscono in acqua, maggiore è la vegetazione di un certo tipo che cresce e si infittisce. Ma la colpa non è dei canneti, in teoria, se tutto il contesto in cui si sviluppano fosse ancora “natura”, varrebbe perfettamente il detto “calati iunco che passa la china”.
Ma così non è. Perché in tanti, troppi, abbandonano ancora la spazzatura, i residui di demolizioni e ogni genere di rifiuto proprio all’interno dei canali che siano canali di scolo delle acque meteoriche o alvei dei fiumi non importa, ciò che conta è sbrigarsi a liberarsi di ciò che non gli serve più. Rifiuti abbandonati che d’estate bruciano e producono diossina, quando piove “tappano” contribuendo a far e deviare le acque.
La pioggia, quando cade, da qualche parte deve andare. Una volta aveva dove andare. Oggi no. Non più. E pensare che la potremmo conservare e riutilizzare per tanti usi ed invece no, è dannosa perché allaga, distrugge, mette in pericolo cose e persone. Ma siamo sicuri che il problema sia l’acqua che viene giù con la pioggia?
Una volta i terreni intorno e a monte dei fiumi erano diversamente “abitati”. Il suolo era naturale e assorbiva l’acqua trasferendola poi, lentamente, nelle falde tanto preziose. Adesso è un crescendo di terreni impermeabili, asfalto, cemento, dove l’acqua non penetra più ed invece scorre cercando nuovi spazi.
L’acqua scorrendo su superfici ristrette e costrette, su superfici impermeabili aumenta la sua potenza e quando trova ostacoli, o devia, o esonda o travolge e distrugge tutto ciò che incontra. Se anche il costruito, il deviato, il regimentato, è a norma di legge “umana”, a l’acqua questo non interessa, ma forse qualcuno non ha tenuto conto delle leggi di natura.
Quelle non sono derogabili se non, appunto, con danni che variano da tempesta a tempesta, da territorio a territorio.
Il territorio su cui insiste la Riserva delle Saline di Trapani e Paceco comprende e/o confina con nuclei abitativi e zone urbanizzate di ben tre comuni, coniugare la tutela della biodiversità dell’area con criteri di adeguata gestione del territorio è fondamentale sia per la Natura che per la sicurezza di cose e persone.
sottolineando l’importanza di interventi correttamente programmati, autorizzati ed eseguiti, al fine di evitare gli interventi in emergenza.
L’Ente Gestore che è “gestore del sito naturale protetto”, chiede, ricorda, sollecita, diffida, collabora con gli enti preposti ai vari servizi e/o competenti. E a proposito dei sistemi di scorrimento delle acque chiede la pulizia dei canali, la verifica degli scarichi nei fiumi e nei canali anche di case e condominii delle zone oggi alluvionate, la rimozione di rifiuti, alle volte centrando l’obiettivo, altre ricevendo silenzi, rimpalli, o interventi tardivi.
Alle illazioni e alle rimostranze di qualche residente che non ha ancora ben compreso, l’Ente Gestore della Riserva rivolge un invito. Chi ha qualche dubbio venga in ufficio a chiedere delucidazioni.
Saremo lieti di accogliere e chissà, magari di indignarci insieme. L’Ente Gestore della Riserva infatti, non ha mai posto diniego ad alcuna pulizia dell’alveo e/o qualsivoglia intervento di manutenzione ordinaria e/o straordinaria né di torrenti e neanche di canali di scolo delle acque piovane.
Una adeguata manutenzione del territorio infatti è fondamentale in termini di prevenzione per non dover intervenire sull’emergenza, come si sta facendo in questi giorni.
La natura ci presenta sempre il conto, purtroppo a pagarlo sono spesso le persone non responsabili di quanto avviene.

Nel tempo si è persa la conoscenza e la coscienza che avevano i nostri nonni, di quelle che sono le leggi della natura.
Si è spostato il baricentro della vita, dalle campagne alle città, città che sono cresciute quartiere dopo quartiere, e purtroppo sono state adottate anche in taluni casi scelte “discutibili” che oggi presentano il conto: quando piove, l’acqua da qualche parte deve andare, solo che adesso si trova incastrata, e costretta a fare involontariamente danni a cose e a persone.
Una semplice legge di natura purtroppo dimenticata in nome dello sviluppo ovunque, e sempre di più, come se poi tutti i luoghi fossero uguali, senza molti limiti. Si sa che c’è un tempo di ritorno delle piene. Ogni fiume ha la sua e i tecnici le conoscono. Salvo non doverne tenere conto, non più, perché questi “tempi di ritorno” sono stati stravolti in parte da cambiamenti climatici.
Ma al di là dei tempi di ritorno, a ciascun fiume il suo, una volta accanto ai fiumi c’erano le aree alluvionali, le anse, dove non si costruiva, non si interveniva se non con coltivazioni stagionali: gli agricoltori si sapevano perfettamente che se avesse piovuto molto, sarebbero andate perse.
Queste aree alluvionali erano naturali “casse di espansione”, dove la tanta, tantissima acqua poteva esondare e rallentare il suo percorso verso il mare. Le anse, le cosiddette “curve” attenuavano la potenza della portata e l’acqua, appunto, poteva sfociare lateralmente, per poi diminuire o penetrare nel suolo e arricchire le falde per tempi più magri.
Tutto dimenticato. E ci siamo abituati anche ad un costante aumento della cementificazione con “processi di urbanizzazione ed infrastrutturazione” che consumano irrimediabilmente le risorse ambientali.
Abbiamo obbligato la maggior parte dei corpi idrici in alvei sempre più ristretti, abolito le zone di esondazione naturale e occupato intere aree che erano lo sfogo naturale delle acque, le aree alluvionali occupate, impermeabilizzate, anche “sollevate”, di fatto non esistono quasi più.
Così come ci si è dimenticati che scaricare reflui nei corsi d’acqua, ne altera la vegetazione, sia in termini di qualità che di QUANTITÀ. Ed ecco che più “nutrienti” finiscono in acqua, maggiore è la vegetazione di un certo tipo che cresce e si infittisce. Ma la colpa non è dei canneti, in teoria, se tutto il contesto in cui si sviluppano fosse ancora “natura”, varrebbe perfettamente il detto “calati iunco che passa la china”.
Ma così non è. Perché in tanti, troppi, abbandonano ancora la spazzatura, i residui di demolizioni e ogni genere di rifiuto proprio all’interno dei canali che siano canali di scolo delle acque meteoriche o alvei dei fiumi non importa, ciò che conta è sbrigarsi a liberarsi di ciò che non gli serve più. Rifiuti abbandonati che d’estate bruciano e producono diossina, quando piove “tappano” contribuendo a far e deviare le acque.
La pioggia, quando cade, da qualche parte deve andare. Una volta aveva dove andare. Oggi no. Non più. E pensare che la potremmo conservare e riutilizzare per tanti usi ed invece no, è dannosa perché allaga, distrugge, mette in pericolo cose e persone. Ma siamo sicuri che il problema sia l’acqua che viene giù con la pioggia?
Una volta i terreni intorno e a monte dei fiumi erano diversamente “abitati”. Il suolo era naturale e assorbiva l’acqua trasferendola poi, lentamente, nelle falde tanto preziose. Adesso è un crescendo di terreni impermeabili, asfalto, cemento, dove l’acqua non penetra più ed invece scorre cercando nuovi spazi.
L’acqua scorrendo su superfici ristrette e costrette, su superfici impermeabili aumenta la sua potenza e quando trova ostacoli, o devia, o esonda o travolge e distrugge tutto ciò che incontra. Se anche il costruito, il deviato, il regimentato, è a norma di legge “umana”, a l’acqua questo non interessa, ma forse qualcuno non ha tenuto conto delle leggi di natura.
Quelle non sono derogabili se non, appunto, con danni che variano da tempesta a tempesta, da territorio a territorio.
Il territorio su cui insiste la Riserva delle Saline di Trapani e Paceco comprende e/o confina con nuclei abitativi e zone urbanizzate di ben tre comuni, coniugare la tutela della biodiversità dell’area con criteri di adeguata gestione del territorio è fondamentale sia per la Natura che per la sicurezza di cose e persone.
sottolineando l’importanza di interventi correttamente programmati, autorizzati ed eseguiti, al fine di evitare gli interventi in emergenza.
L’Ente Gestore che è “gestore del sito naturale protetto”, chiede, ricorda, sollecita, diffida, collabora con gli enti preposti ai vari servizi e/o competenti. E a proposito dei sistemi di scorrimento delle acque chiede la pulizia dei canali, la verifica degli scarichi nei fiumi e nei canali anche di case e condominii delle zone oggi alluvionate, la rimozione di rifiuti, alle volte centrando l’obiettivo, altre ricevendo silenzi, rimpalli, o interventi tardivi.
Alle illazioni e alle rimostranze di qualche residente che non ha ancora ben compreso, l’Ente Gestore della Riserva rivolge un invito. Chi ha qualche dubbio venga in ufficio a chiedere delucidazioni.
Saremo lieti di accogliere e chissà, magari di indignarci insieme. L’Ente Gestore della Riserva infatti, non ha mai posto diniego ad alcuna pulizia dell’alveo e/o qualsivoglia intervento di manutenzione ordinaria e/o straordinaria né di torrenti e neanche di canali di scolo delle acque piovane.
Una adeguata manutenzione del territorio infatti è fondamentale in termini di prevenzione per non dover intervenire sull’emergenza, come si sta facendo in questi giorni.
La natura ci presenta sempre il conto, purtroppo a pagarlo sono spesso le persone non responsabili di quanto avviene.

Silvana Piacentino Direttore Riserva delle Saline di Trapani e Paceco

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