Il silenzio del molo di Porto Empedocle è rotto solo dal pianto delle madri. Quattro bare allineate raccontano l’ennesima tragedia del mare. Due sono piccole, bianche: custodiscono i corpi di due bambini ghanesi, morti per fame, sete e ustioni durante la traversata verso Lampedusa. Non erano fratelli, ma condividono lo stesso destino.
Due donne si stringono davanti a quei feretri, sconvolte dal dolore. Accanto, le bare di due uomini. Uno è un 35enne nigeriano, deceduto per un malore. Il fratello depone dei fiori sulla bara. Dell’altra vittima, invece, non si conosce ancora l’identità.
Ad accoglierli sul molo del porto di Porto Empedocle, il Prefetto di Agrigento Salvatore Caccamo, insieme alle autorità civili e militari.
«Non ci sono parole che possano colmare un dolore come questo – ha dichiarato il prefetto Caccamo –. È un dolore che appartiene a tutti: a noi che siamo qui, ai genitori delle vittime, alla comunità. In questi momenti si prova solo un profondo smarrimento. Le istituzioni, come sempre, fanno la loro parte: oggi, al rito funebre, erano presenti anche le organizzazioni internazionali, per offrire un segno di vicinanza e conforto ai familiari. Un ringraziamento particolare va ai sindaci che, ancora una volta, hanno dimostrato grande disponibilità nell’accogliere le salme delle vittime».
Dopo una breve cerimonia religiosa, le salme sono state affidate ai Comuni: i bambini riposeranno a Favara, gli adulti a Ribera e Calamonaci.
«Quella che abbiamo di fronte è l’ennesima strage – ha detto Azeddine Arbache, presidente dell’associazione islamica “Oltremare Agrigento” –. Quando tra le vittime ci sono dei bambini, il dolore è insopportabile. I genitori che oggi piangono i propri figli porteranno con sé per tutta la vita il peso di quel viaggio e il senso di colpa. Purtroppo questi momenti continuano a ripetersi: li viviamo qui, li vediamo anche nella Striscia di Gaza, dove ogni giorno muoiono bambini, donne, innocenti. È un periodo terribile, e speriamo con tutto il cuore che finisca presto per tutti».