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martedì, Aprile 16, 2024
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Condannato il re dell’Eolico

Nove anni per concorso esterno ad associazione mafiosa per l’alcamese Vito Nicastri. La condanna emessa nel pomeriggio dal GUP del Tribunale di Palermo con il rito abbreviato.

Nove anni di carcere per concorso esterno ad associazione mafiosa. Li dovrà scontare l’imprenditore alcamese Vito Nicastri giudicato con il rito abbreviato e condannato dal Gup di Palermo. Noto alle cronache come “il re dell’eolico” per la sua attività imprenditoriale nel settore delle energie rinnovabili, secondo i magistrati della DDA sarebbe tra i finanziatori occulti della latitanza del boss castelvetranese Matteo Messina Denaro, ritenuto ancora oggi il numero uno di cosa nostra. Nicastri ha iniziato la sua attività da semplice elettricista ad Alcamo, negli anni ’70 per crescere con il tempo nel settore dell’impiantistica. Il salto di qualità però arriva a metà degli anni ’90 quando in Sicilia e in provincia di Trapani arrivano i primi campi eolici, settore nel quale è dominus, se non addirittura monopolista, al punto da accumulare un patrimonio di alcune decine di milioni euro. Nicastri però non opera solo nella sua terra ma ha interessi ovunque, al punto da essere indicato come uno dei maggiori imprenditori del settore perfino dalla rivista economica “Forbes”. Recentemente il nome di Nicastri, sul quale non è mai calata l’attenzione di investigatori e della DDA è tornato prepotentemente alla ribalta invadendo anche la cronaca politica. Francesco Paolo Arata, ex consulente della Lega, con un passato di affari con Nicastri, è indagato per corruzione. Arata, secondo i magistrati della Dda di Palermo, avrebbe corrisposto una tangente di 30mila euro all’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri per la presentazione di un emendamento favorevole alle imprese che si occupano di energie alternative. Inoltre Arata avrebbe gestito un giro corruttivo di mazzette pagati a dirigenti regionali per agevolare pratiche e progetti relativi a investimenti nelle energie rinnovabili. Questa indagine, in cui Nicastri compare comunque sullo sfondo, è stata divisa in due tronconi. Quello romano per la vicenda della presunta tangente a Siri; quello palermitano relativo alle responsabilità dei funzionari regionali.

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