La direttrice del Carcere, il magistrato di sorveglianza, la polizia penitenziaria cercano di fare rientrare la protesta.

Sono in corso, all’interno della Casa Circondariale di Trapani “Pietro Cerulli”, colloqui tra i vertici della locale amministrazione penitenziaria, il magistrato di sorveglianza e i detenuti in “rivolta”. La protesta, iniziata con l’incendio di alcune lenzuola, di abiti, e con l’irruzione sui tetti di una cinquantina di detenuti sembra essere in fase di rientro. Alcuni detenuti, che presidiavano il tetto sono rientrati all’interno del padiglione. Non è chiaro se già all’interno della celle. Sono comunque di meno i detenuti sul tetto. Un solo momento di tensione durato un paio di minuti, immediatamente rientrato, per qualche sasso lanciato da un paio di ragazzini all’indirizzo dei poliziotti, che non si sono scomposti. Il carcere è costantemente sorvegliato dall’alto da due elicotteri. Non ci sarebbero state evasioni. Tutte le fonti ufficiali attestano che la situazione è sotto controllo e che non ci sono state fughe di detenuti. Tutte le mura, da ogni parte, sono presidiate dalle forze dell’ordine. Davanti l’ingresso poliziotti, carabinieri e agenti di polizia penitenziaria in tenuta anti sommossa, pronti per una irruzione che, nel momento in cui scriviamo, appare sempre più improbabile. All’esterno del carcere una folta pattuglia di giornalisti al lavoro per raccontare la cronaca di quanto sta accadendo. Presenti anche alcune decine di parenti dei detenuti che sostengono dall’esterno la protesta di chi è recluso contro le misure di distanziamento sociale, che nelle carceri hanno imposto la sospensione dei colloqui parentali. Sostituiti comunque con telefonate e collegamenti via skype. Per altro già domenica la direzione del carcere di Trapani aveva assicurato che sarebbero stati potenziate le sale con PC collegati alla rete (con le relative restrizioni di sicurezza). La richiesta dall’interno e dall’esterno delle carceri è di una amnistia o un indulto straordinari, in subordine la detenzione agli arresti domiciliari, almeno fino a quando non termina l’emergenza coronavirus nel Paese.