di Fabio Pace

Trapani è tra le città che durante l’emergenza coronavirus hanno registrato i maggiori rincari di prezzi al consumo per quanto riguarda il cibo. Il dato emerge da una classifica stilata dalla Unione Nazionale Consumatori sui prodotti alimentari, gli unici che durante l’emergenza Covid sono stati effettivamente venduti, subendo pesanti rincari. Insomma, mentre l’Italia, per via del lockdown, è teoricamente in deflazione, con un’inflazione pari nel mese di maggio a -0,2%, il cibo, il solo realmente acquistabile anche prima della riapertura generale dei negozi, subisce rincari pesanti con una media del 2,6%, con una maggior spesa annua di 145 euro per una famiglia media, 195 per una coppia con 2 figli, 175 per una coppia con 1 figlio, 95 per un pensionato con più di 65 anni. In testa a questa classifica c’è Caltanissetta, dove il cibo è rincarato del 6,4%, Trieste +5,1%, Avellino e Trapani, condividono un non invidiabile terzo posto con un +4,7%. Le città con i minori rincari sono state Siena, +0,2%, a pari merito con Arezzo e Modena (+0,2%), segue al secondo posto Bologna (+0,3%) e al terzo Reggio Emilia (+0,4%). Dunque le ricche Toscana ed Emilia Romagna meglio delle povere Sicilia e Campania. Circostanza che ancora di più pone in evidenza come il dato di Calatanissetta e Trapani sia sproporzionato, rispetto alla media nazionale del +2,6%, ma in linea con il dato regionale. In Sicilia, complessivamente l’aumento medio dei prodotti alimentari è stato del 3,3% contro uno 0,9% dell’Emilia Romagna. «Le disparità così ampie tra una città e l’altra, da +6,4% a +0,2%, in alcuni anche all’interno della stessa regione, possono avere varie motivazioni – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – ma la spiegazione più probabile è che, approfittando della ridotta mobilità del consumatore e, quindi, della minore possibilità di scelta, molti esercizi hanno alzato i prezzi e questo è stato maggiormente possibile in quelle città dove c’è minore concorrenza e non ci sono abbastanza forme distributive». L’antitrust proprio sui prezzi alimentari ha aperto un’indagine preistruttoria”