Per la Direzione Distrettuale Antimafia in Sicilia la crisi economica conseguente alla epidemia di coronavisrus «potrebbe spingere i sodalizi mafiosi ad attuare nuovi sistemi di parassitismo della società, infiltrando il sistema produttivo e commerciale del territorio». La DIA, dunque invita ad tenere alta la guardia per «difendere il riavvio delle attività produttive dalle mire delle consorterie mafiose». Nel capitolo dedicato alla Provincia di Trapani la DIA cristallizza la situazione con questo incipit: «La criminalità organizzata trapanese continua ad essere fortemente radicata sul territorio. Cosa nostra trapanese, facendo leva sulle diseguaglianze socio-economiche, punta a reclutare manodopera nelle fasce più povere della popolazione, facendo al contempo affari con i più ricchi». La struttura organizzativa resta ancorata ai quattro storici mandamenti di Trapani, Alcamo, Castelvetrano e Mazara del Vallo, composti in totale da 17 famiglie mafiose. La DIA segnala l’esistenza di una cellula operativa di Cosa nostra sull’isola di Favignana, gerarchicamente dipendente dalla famiglia mafiosa di Trapani. La famiglia di Castelvetrano continua a fare riferimento a Matteo MESSINA DENARO, che nonostante la lunga latitanza rappresenta ancora la figura più carismatica dell’organizzazione mafiosa trapanese. Per quanto concerne gli interessi perseguiti sul territorio, le investigazioni evidenziano come Cosa nostra, se da un lato appare sempre più protesa a divenire la mafia dei “colletti bianchi”, dall’altro resta sempre impegnata nelle tradizionali attività illecite, necessarie a far fronte alle frequenti crisi di liquidità (pizzo e droga). Significativo l’arresto del latitante mazarese Paolo Lumia in Bolivia, in passato vicino a Cosa nostra, ritenuto tra i narcotrafficanti di maggior rilievo internazionale ed in stretti rapporti con i cartelli colombiani. Tuttavia, sostiene la DIA, Cosa nostra trapanese privilegia ancora un modus operandi collusivo-corruttivo basato su accordi affaristici sullo sfondo del sistema degli appalti pubblici. Un’ingerenza realizzata attraverso imprese avviate da affiliati, mediante l’interposizione fittizia di prestanome, attraverso l’immissione di capitali provento di attività illecite in imprese compiacenti. I settori più interessati sono quelli dello smaltimento rifiuti, della manutenzione del verde, della ristrutturazione di edifici scolastici e del rifacimento delle strade. Segnala la DIA, e dovrebbero prenderne atto gli amministratori pubblici, che per «evitare le più rigorose, trasparenti e competitive procedure concorsuali ordinarie, spesso si ricorre a circostanze di asserita urgenza e necessità, che impongono affidamenti diretti».