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venerdì, Aprile 19, 2024
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L’annus horribilis degli incendi

di Mario Torrente

Un anno disastroso, con migliaia di ettari di patrimonio ambientale ridotti in cenere, boschi distrutti dalle fiamme, aree archeologiche minacciate dal fuoco, montagne e riserve devastate dalle fiamme. I danni sono enormi. E mentre nell’opinione pubblica cresce la richiesta di fermare la mano criminale degli incendiari, riuscendo magari ad individuarli per assicurarli alla giustizia, il quadro che viene fuori da questo 2020 di fuoco è a dir poco drammatico.

 In provincia di Trapani da gennaio a settembre si contano decine e decine di incendi. La “fotografia” che emerge dalla cronologia degli incendi in provincia di Trapani è a dir poco drammatica. L’annus horribilis dei roghi nel Trapanese si apre in pieno inverno, il 25 gennaio, con un incendio nel versante di Sant’Anna della montagna di Erice. Va a fuoco il piccolo bosco sotto il Santuario. Per domare il rogo si rende necessario l’intervento dell’elicottero dell’Aeronautica. Bruciano così i primi dieci ettari di patrimonio boschivo. Nei mesi a seguire le cose andranno decisamente peggio. Il 5 febbraio divampa un incendio a Scopello che sfiora la riserva dello Zingaro. Il giorno dopo va a fuoco Ragosia, nel territorio di Valderice. Fiamme anche nelle frazioni trapanesi, a Palma, al punto da chiudere la strada per Marausa. Il 27 maggio brucia Monte Bonifato, con il rogo che minaccia le case. Intervengono due canadair. Pochi giorni dopo, per un intero fine settimana partono diversi incendi alle pendici di Monte Erice: le zone sono quelle della via Pola, sotto il bosco di Martogna mentre l’indomani tocca al versante Sud, a Torrebianca. L’intervento delle squadre di spegnimento evita il peggio. Nello stesso fine settimana va a fuoco pure il Giardino degli Aromi. Un mese dopo, il 27 giugno, brucia Monte Inici: vanno a fuoco 500  ettari tra macchina mediterranea e alberi. Ma l’escalation delle montagne devastate dalla fiamme è appena  all’inizio. Intanto il 2 luglio un incendio divampa nell’area archeologica di Mokarta. Stesso destino il 23 agosto per l’area archeologia di Mango, a Monte Barbaro. Le fiamme divorano la vegetazione del bellissimo vallone tra il tempio di Segesta e monte Pispisa. È un’estate da dimenticare per i siti culturali della provincia: nell’elenco dei siti colpiti c’è infatti anche il Parco archeologico di Selinunte, che va a fuoco nella giornata in cui si registrano più incendi: il 29 agosto, che passerà sicuramente alla storia come il sabato nero dei roghi in provincia di Trapani. Con ettari ed ettari di patrimonio naturalistico ridotto in cenere.

In quel fine settimana di forte vento di scirocco viene distrutta la Riserva dello Zingaro, un autentico angolo di paradiso completamente devastato dalle fiamme. Nel giro di una notte il fuoco ha divorato qualcosa come 1200 ettari di Riserva. Le immagini della costa e dei suoi promontori anneriti sono un autentico pugno allo stomaco. Già la mattina del 29 agosto si era aperto con un incendio a Biro, tra Custonaci e Castelluzzo. Quel giorno va a fuoco anche l’impianto di rifiuti di contrada Belvedere di proprietà del Comune di Trapani. L’incendio parte dalle sterpaglie dei terreni limitrofi e distrugge macchinari e capannoni per un valore di due milioni di euro. Sempre in quel sabato da dimenticare il fuoco minaccia le case di rio Forgia, tra lido Valderice e Cornino. In serata brucia Macari, sul lato di baia Santa Margherita e le montagne della zona di Biro e durante la notte le fiamme svalicano, scendendo verso il mare dai costoni dello Zingaro spinte dal forte vento di Scirocco. In mattinata intervengono i canadair, ma con le operazioni di spegnimento ancora in corso scatta un altro allarme: brucia Bosco Scorace, uno degli ultimi polmoni verdi rimasti nel Trapanese, che resta avvolto nel fumo fino a sera. L’incendio viene spento dalle squadre della Forestale con il supporto aereo degli elicotteri prima del tramonto. Anche qui il bilancio è drammatico: 150 ettari di area boscata distrutti dalle fiamme su un totale di 640 ettari. Quella stessa giornata va a fuoco anche una pineta nel promontorio di Ragosia e la vegetazione della diga Baiata. Piccoli roghi vengono subiti spenti nella fascia costiera tra Pizzolungo e Trapani. Fiamme anche a Custonaci e nella Riserva delle saline di Trapani e Paceco, che oltre al 30 agosto viene interessata dal fuoco il 13 ed il 22 agosto. L’ultimo episodio l’11 settembre a Nubia, sempre all’interno della Riserva regno di biodiversità e di oltre 200 specie di uccelli.

Ma l’incendio che ha avuto il maggiore impatto mediatico, oltre allo Zingaro, è stato sicuramente quello di Monte Cofano, divampato nella sera del 29 luglio. Esattamente un mese prima del sabato nero d’agosto costato quasi l’intera Riserva dello Zingaro. Ed altri angoli del territorio finiti nel mirino degli incendiari.  Quel mercoledì sera, alle 20.51 scatta l’allarme da una delle torrette di avvistamento della Forestale. Soffiava vento di Grecale. L’incendio parte dal lato del golfo di Macari, nel versante sopra la Torre della Tonnara, quindi in piena Riserva. Tra l’altro nella zona interdetta per pericolo caduta massi. Bruciano 150 ettari di macchina mediterranea. Il fuoco arriva fino al Passo della Zita, lungo il sentiero costiero. Le immagini della montagna avvolta dalle fiamme e dal fumo, quasi fosse un vulcano, fanno il giro della rete e finiscono nei giornali e nei tg nazionali. Due mesi prima, era il 4 giugno, la Riserva era stata sfiorata da un rogo partito da Frassino, nei pressi di Castelluzzo. A fine luglio, invece, il fuoco parte direttamente da dentro la Riserva. Riducendo in cenere ettari ed ettari di macchia mediterranea.

L’indignazione scorre sui social network e porta anche all’organizzazione di una marcia per dire basta agli incendi promossa da Legambiente. Si mobilitano tante associazioni ambientaliste, sigle e di molti cittadini. È il 9 agosto. In centinaia partecipano al corteo sfilando con bandiere e striscioni lungo la strada sterrata che da Frassino porta all’ingresso della Riserva di Cofano. Le immagini della montagna circondata dal fuoco hanno suscitato forte sdegno nell’opinione pubblica. Portando in tanti nel territorio di Custonaci, anche da diverse parti della Sicilia, per dire basta alla devastazioni del patrimonio naturalistico.

Ha invece fatto meno notizia, ma in realtà è stato uno degli incendi dove ci sono stati più danni dal punto di vista di perdita di alberi, il rogo che per due giorni divora il bosco di Montagna Grande, che non andava a fuoco da decenni. Ed infatti era l’unico promontorio completamente avvolto dal verde in provincia di Trapani. Era. Perché dopo l’incendio di quest’anno di quell’oasi naturalistica completamente circondata da alberi non è rimasto più nulla. Dal 31 luglio al primo di agosto bruciano infatti quasi mille ettari di montagna, che in totale si estende su un’area di 1700 ettari. Di quelli mille ettari ridotti in cenere, 680 sono bosco, 200 macchia mediterranea. Insomma, è come se fosse andato a fuoco tutta l’area di bosco Scorace. Un danno ambientale incalcolabile. Di cui si è parlato poco. Ma che rappresenta invece una delle peggiori ferite. Sicuramente quella più difficile da recuperare visto che si sono persi centinaia di alberi che con le loro chiome davano aria buona da decenni. Piante quindi con molti anni nei tronchi. E nei rami.

E se Montagna Grande finisce di bruciare  l’1 agosto, quello stesso giorno un incendio risale i promontori di Macari. Intanto l’elicottero dell’Aeronautica continua ad intervenire per spegnere gli incendi: i 9 agosto vola a Poggioreale, il 16 a Calatafimi. Tre giorni dopo tocca a Monte Sparagio, la cima più alta della provincia di Trapani con i suoi 1100 metri di altezza. Il versante colpito è quello di Purgatorio. Sul posto arrivano anche due elicotteri oltre che squadre della Forestale ed i volontari della Protezione Civile. Le fiamme minacciano il bosco del Giacolamaro, che però si salva. Nemmeno una settimana dopo, il 25 agosto per l’esattezza, il fuoco torna a Monte Sparagio, questa volta sul versante Sud, distruggendo, oltre la macchia mediterranea, 35 ettari di area boscata.

Un agosto decisamente da dimenticare quindi. E settembre non è che sia iniziato meglio, visto che il mese si apre con la notizia di un incendio che da un terreno di sterpaglie nei pressi di villa Rosina, quindi in pieno centro urbano di Trapani, distrugge un’attività commerciale della zona. Per domare il rogo intervengono ben 31 unità e 15 mezzi dei vigili del fuoco di Trapani. Il 10 settembre va a fuoco invece un’area nel territorio di Valderice nei pressi di contrada Sciare, vicino all’arco del cavaliere. L’incendio divampa praticamente al tramonto e viene spento in serata grazie all’intervento dei Forestali e dei volontari della Protezione Civile. Come già successo altre volte. Arriva la sera e viene appiccato il fuoco. Un copione già visto e rivisto. Senza che ancora si sia riusciti a dare un volto ai responsabili. Assicurandoli alla giustizia. Almeno questo.

Ed intanto il nostro patrimonio ambientale continua ad essere ridotto in cenere. I tentativi di difenderlo e le azioni finora messe in campo si sono risultate vane. Si vede che bisogna davvero cambiare strategia. E bisogna farlo anche al più presto visto che resta sempre meno verde. In compenso i cimiteri di alberi bruciati ridotti a scheletri continuano ad aumentare, senza essere rimossi per piantare altre piante. Di politiche di rimboschimento nemmeno l’ombra mentre sul fronte della prevenzione appare sempre più evidente come la manutenzione dei boschi debba essere assicurata tutto l’anno. E non solo per pochi mesi, per di più a ridosso della stagione estiva, quando boschi e montagne sono più a rischio, in balia di chi appicca fuoco. E così, incendio dopo incendio, va restando sempre meno, senza riuscire a fermare la deriva degli incendi che sta devastando un intero territorio. Togliendo alberi e le prospettive economiche legate al turismo ed alle nuove attività out door che stanno prendendo sempre più piede. Privando tutti di aria buona e consegnando alle future generazioni un territorio sempre più grigio e brullo. Dove il verde dei boschi rischia di diventare un lontano ricordo. 

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