È stato riconosciuto essere tra i mandanti delle stragi di Capaci e Via d’Amelio e più complessivamente della strategia stragista di Cosa Nostra fino al 1993

Non fu solo un mero esecutore ma ebbe ruolo nella decisione presa dai vertici di Cosa Nostra. Così ha ricostruito la Corte d’Assise di Caltanissetta e sentenziato alla fine di un lungo dibattimento che ha ricomposto un articolato puzzle di testimonianze e di circostanze sottraendo dal quadro complessivo anche alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia che con le loro menzogne e mezze verità avevano inquinato la logica sequenza dei fatti. Matteo Messina Denaro, oggi 58enne, latitante da 27 anni, insieme a Totò Riina pianificò la morte di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e la stagione dell’attacco al cuore dello stato con gli attentati del 1993. Per Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari delle vittime di mafia dell’Associazione ‘I Cittadini contro le mafie e la corruzione’, ha definito quello della procura nissena un importante traguardo, non solo «per la condanna di un sanguinario boss stragista, purtroppo ancora latitante, ma anche perché aiuta far chiarezza su uno dei periodi più bui della storia del nostro Paese». Ciminnisi si riferisce apertamente a «chi aveva interesse a depistare le indagini perché non si arrivasse ai responsabili degli attentati, coprendo così quelle che oggi appaiono essere le vere cause che portarono all’uccisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino». Il presidente della associazione delle vittime di mafia auspica che a partire dal lavoro del procuratore aggiunto Gabriele Paci «si possa arrivare ad accertare quella verità che per decenni è stata artatamente tenuta ben nascosta. A cominciare dai mandanti esterni delle stragi, che è necessario individuare per comprenderne la genesi che – così come dichiarato dall’avvocato Fabio Trizzino, difensore dei figli del giudice Borsellino – potrebbe essere ricondotta nell’interesse che il giudice Borsellino aveva mostrato nei confronti dell’intreccio mafia e appalti».