Il comparto delle cave in Sicilia rischia la paralisi. Da otto mesi, l’attività dei Distretto Minerario è ferma e i funzionari non effettuano i sopralluoghi nelle cave. Accade a causa dei pensionamenti che hanno ridotto l’organico dei diversi distretti minerari dove, per altro, i pochi funzionari in servizio protestano per il mancato rimborso, da due anni, delle indennità di missione e perché l’indennità per l’utilizzo delle auto private non viene loro riconosciuta. Quindi, sopralluoghi sospesi. Questo provoca gravi conseguenze per il comparto della lavorazione della pietra e del marmo, che ha in provincia di Trapani e di Ragusa i suoi poli d’eccellenza. I funzionari dei distretti minerari per due anni hanno anticipato i costi delle missioni. Peraltro le imprese pagano anticipatamente l’indennità di missione, ma i dipendenti dei distretti minerari non la ricevono. I mancati sopralluoghi impediscono il rinnovo delle licenze annuali all’uso dell’esplosivo in cava, che viene utilizzato per abbattere il materiale roccioso. Le questure, infatti, non possono rilasciare le licenze se non c’è il parere tecnico annuale, il Nulla Osta Esplosivi, che deve essere rilasciato dal Distretto Minerario, dopo il sopralluogo. Ma ci sono anche altri casi. Il sopralluogo del Distretto è necessario anche per il sub-ingresso di un altro esercente (cioè nel caso del passaggio di proprietà della cava), che richiede l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di cava, o in caso di sospensione temporanea dei lavori. Nel primo caso senza il sopralluogo, non si può realizzare la cessione del titolo minerario da una ditta ad un’altra e quella che subentra non può iniziare l’attività di estrazione e non può assumere personale. Nel secondo caso chi ha richiesto una sospensione temporanea dei lavori non può ottenerla e deve continuare quindi a pagare i canoni minerari. Con il blocco delle cave, subisce gravi conseguenze anche il settore dei trasporti, della lavorazione e quello edile, con il rischio di ingenerare una catena di licenziamenti. Inoltre i clienti, se non possono trovare in Sicilia il materiale lapideo, si rivolgeranno ad altri fornitori, soprattutto a Spagna, Turchia e Grecia, che sono diretti concorrenti dei marmi siciliani.