di Fabio Pace

Tra i fermati eccellenti dell’operazione Ruina il più noto alle cronache politiche e amministrative è senza dubbio Salvatore Barone, ex sindaco di Calatafimi Segesta già presidente del Consiglio di Amministrazione e direttore generale di Atm Trapani. Barone è accusato di aver favorito le famiglie mafiose di Calatafimi e Vita in quanto, nella qualità di presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi, su indicazione di Nicolò Pidone, capo della famiglia mafiosa di Calatafimi, e attraverso Gaetano Placenza, suo fiduciario nella cantina, avrebbe favorito assunzioni di personale finalizzate a dare sostentamento alle famiglie dei detenuti mafiosi e avrebbe dato somme di denaro, a favore di esponenti di Cosa Nostra, aggirando le norme statutarie interne. Tra le assunzioni più importanti, tese a favorire la compagine mafiosa, figurano quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, già capo della famiglia di Cosa Nostra di Vita, nonché, quella in itinere, di Loredana Giappone Loredana, moglie del fermato Tommaso Rosario Leo. «Un ruolo – scrivono gli investigatori della polizia – evidentemente importante quello del Barone, anche nella veicolazione dei voti, durante le elezioni amministrative per il comune di Calatafimi, verso lo schieramento facente capo all’attuale sindaco Antonino Accardo». La polizia ritiene che le consultazioni elettorali, che hanno visto vincitore Accardo, siano state condizionate dalla compagine mafiosa locale che, attraverso persone vicine avrebbe convogliato le preferenze comprando i voti da famiglie di soggetti con precedenti penali, in stato di disagio economico. Accardo, inltre avrebbe tentato di recuperare somme di denaro, nei confronti di un imprenditore di Petrosino, ex socio in affari, attraverso Rosario Leo e l’intermediazione della stessa famiglia mafiosa di Calatafimi.