Un’operazione di paleontologia letteraria a cura di Peppe Occhipinti per la editrice trapanese Margana.

di Fabio Pace

Dobbiamo alla editrice Margana Edizioni di Trapani, e a Peppe Occhipinti, curatore e direttore della collana Cristalli di Sale, il recupero di un testo poco noto di storia trapanese ma di profondo interesse. L’autore è Carlo Guida, titolo del libro “Le insurrezioni della fame in Trapani nel secolo XVII”. Introduzione a cura dello stesso Peppe Occhipinti che, disseppellendo dall’oblio e riportando alla lettura il lavoro di Carlo Guida, compie un’operazione, per citare Sciascia, “di paleontologia letteraria”.

L’autore

Carlo Guida, nato nel 1879 morì nell’immediato dopogurra, nel 1949. Fu medico, scienziato e cultore di storia locale. Fu primario dell’ospedale Sant’Antonio Abate e ne divenne anche direttore. Fu anche sindaco della città, dal 1920 al 1923, e grazie agli accessi agli archivi della città recuperò molte notizie sulle insurrezioni del 1600 a Trapani che sintetizzò in un primo lavoro pubblicato negli anni ‘30 del secolo scorso. Nel libro ristampato da Margana racconta, come citate nel titolo “Le insurrezioni della fame in Trapani nel secolo XVII”.

Il contesto storico

Storicamente tali insurrezioni vanno collocate in quel periodo che vide le rivolte contro il malgoverno spagnolo e dei suoi viceré nel regno delle due Sicilie, a partire dalle più note rivolte di Masaniello a Napoli, di Giuseppe d’Alesi a Palermo. Rivolte che la storiografia ottocentesca colloca come antispagnole e contro lo straniero, in realtà furono rivolte contro l’aumento delle tasse, contro una fiscalità rapace della burocrazia statale, per il riconoscimento sociale e di rappresentanza della nascente piccola borghesia artigianale, tant’è che oggetto degli appelli di rivoltosi era proprio il re di Spagna. Insomma, rivolte “legittimiste” si potrebbe dire. Eppure quelle rivolte portavano in nuce alcune di quelle istanze che troveranno riconoscimento più di cento anni dopo con la rivoluzione francese, soprattutto la rivolta di Trapani reca questo sapore preilluminista. La rivolta napoletana del luglio 1647 vide Masaniello braccio armato e capopolo, ma ebbe come coprotagonista, ai più ignoto, don Giulio Genoino, giurista a prelato napoletano, animatore di istanze di riscatto sociale del popolo minuto, dove per popolo minuto, che va distinto dalla plebe, va rappresentata una nascente piccola borghesia artigiana priva di rappresentanza “politica”.

Le insurrezioni trapanesi e Girolamo Fardella

Dalla lettura del libro di Guida, ed in particolare della rivolta trapanese del 1673 emerge la figura di Girolamo Fardella, che assomma nella sua le figure di Masaniello e Genoino e ne ripercorre il destino con una condanna a morte. Girolamo Fardella, fu un giurista e, prima di tutto, un avvocato sempre pronto a schierarsi dalla parte del popolo nonostante le sue origini patrizie. Ruppe per questa ragione anche i rapporti con la famiglia d’origine, preferendo vivere in una modesta casa nella via Botteghelle, tra quella gente di cui rappresentava le istanze invece che nelle dorate stanze di famiglia. La rivolta del 1673 a Trapani, come in altri luoghi, scoppia a causa della carestia, della mancanza di grano per sfamare la gente, per l’incapacità dei giurati, gli amministratori dell’epoca di amministrare le politiche granarie, contro una classe dirigente capace solo di aumentare i tributi anziché trovare soluzioni a favore del popolo. Protagonisti di quella rivolta, insieme a Girolamo Fardella, sono i rappresentanti delle categorie produttive di Trapani, quel popolo minuto costituito da corallari, argentieri, scultori, intagliatori che mossi dalle istanze immanenti della fame e del peso delle gabelle, aspirano però ad un riconoscimento sociale di rappresentanza in seno al governo della città, dando alla rivolta trapanese del 1673 un segno, sia pure attenuato, di rivoluzione contro il patriziato. La rivolta fu stroncata nel sangue. Girolamo Fardella fu decapitato e con lui altri quattro rappresentanti delle arti e mestieri trapanesi.

Il declino di una città

Quell’episodio, secondo lo storico Salvatore Costanza, segnò il declino della città di Trapani. Molti corallari, argentieri, scultori e intagliatori fuggirono da Trapani e si dispersero in tutto il bacino del mediterraneo. Circa 4mila persone lasciarono Trapani che allora contava una popolazione di poco superiore ai 20 mila abitanti. Una diaspora che ebbe gravi conseguenze economiche e sociali. In sintesi: il libro riportato alla luce da Margana e Peppe Occhipinti, apre uno squarcio sulla storia della città, restituisce dignità storica all’avvocato Girolamo Fardella, offre strumenti di comprensione sul declino economico della città a partire dalla fine del 1600. Una lettura a nostro avviso indispensabile.