11.3 C
Trapani
sabato, Aprile 20, 2024
HomeAttualitàDal Decreto Immigrazione alla crisi di Governo, all'emergenza sanitaria in Sicilia: intervista...

Dal Decreto Immigrazione alla crisi di Governo, all’emergenza sanitaria in Sicilia: intervista a tutto tondo all’On. Carmelo Miceli

Decreto Immigrazione, gestione dell’emergenza sanitaria in Sicilia, crisi di Governo. Argomenti di scottante attualità, dei quali abbiamo parlato con l’On. Carmelo Miceli, parlamentare del collegio trapanese, responsabile sicurezza del Partito Democratico, che, proprio in qualità di relatore di maggioranza, ha fornito un contributo determinate alla conversione in legge del “Decreto Immigrazione” con cui vengono superati i “Decreti Sicurezza” voluti dall’ex Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Sua la proposta di riforma dell’esame di abilitazione forense.

Decreto immigrazione: come, e con quale intento, si arriva a questo provvedimento?

  • Il perché ci arriviamo nasce da un dato che è sotto gli occhi di tutti: qualcuno voleva sfregiare il volto umano dell’Italia, degli italiani ‘brava gente’, che sia in patria che fuori, facevano dell’accoglienza e dell’integrazione un tratto distintivo, salvo poi scoprirci a un certo punto come quelli che chiudevano i porti e lasciavano la gente a cuocersi sotto i ponti del Mediterraneo. Io ci sono stato su quelle navi e so che chi affronta quest’argomento e parla di quelle navi dovrebbe avere almeno la sensibilità di esserci prima salito. Eravamo diventati una Nazione che aveva cambiato linea e che si era votata al sovranismo e al nazionalismo più spietato, che aveva smantellato il sistema Sprar e di integrazione cancellando tutta una serie di norme a tutela dello stesso Stato, come la proroga dei permessi o le norme afferenti il diritto all’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, che non avevano prodotto nessun risultato per il Paese ma avevano aggravato la situazione di chi si trovava già qui; i Decreti hanno trasformato oltre 33 mila persone in irregolari, che in periodo di Covid non potevano essere rimpatriate, con un Ministro che, anziché collaborare con i Paesi esteri, andava a creare scontri istituzionali senza pensarci due volte. Il primo giorno di mandato Salvini dichiarò che la Tunisia era un  Paese esportatore di delinquenti: abbiamo dovuto chiedere scusa. Ed era evidente che quei provvedimenti erano sterili, come quello che hanno provato a raccontare, ossia che il flusso di migranti era diminuito. I flussi non sono un fenomeno occasionale che dipendono dalla normativa interna allo Stato, ma fenomeni geo-politici e fatti sociali che sono determinati da tutta una serie di circostanze che influenzano e influiscono a prescindere dalla normativa interna, e non li si può fermare credendo di chiudere una sbarra davanti a un porto e criminalizzando le ONG, che diventano nemici dell’Italia. I flussi esistono a prescindere da noi: era chiaro che, anche con la pandemia, sarebbero tornati e torneranno, per le guerre politiche, civili, la desertificazione, la questione economica… Tutte emergenze che non dipendono da noi e che noi non governiamo, ma per le quali dobbiamo creare le condizioni affinché possano essere gestite al meglio nel nostro Paese.  Che i Decreti Salvini fossero una ‘truffa’ lo abbiamo già visto quest’estate, quando erano ancora in vigore e in Italia si sono quadruplicati gli arrivi, passati da 8 mila a 32 mila, perché la pandemia aveva prodotto determinate necessità e la narrazione dei porti chiusi e dei suoi risultati di blocco in due minuti si è sciolta come neve al sole. Abbiamo ridato una dimensione reale rispetto alla questione interna, perché non è ammissibile che l’Italia non dia seguito alle norme internazionali sul diritto del mare. Una volta che arrivano non possiamo rimandare indietro chi è a rischio di trattamenti inumani e degradanti. Esistono ancora oggi 72 Paesi in cui l’omosessualità è causa di privazioni di libertà e di vita. Abbiamo rivisto il sistema SIPROIMI e reintrodotto il sistema di accoglienza attraverso il quale evitiamo il sovraccaricamento degli hotspot in cui i richiedenti possano avere collocazione temporanea quando arrivano e possano legittimamente verificare la fondatezza del diritto a restare in Italia, e poi avere accesso ai diritti essenziali, quali l’iscrizione anagrafica, reintrodotta, e il cui annullamento era stato giudicato illegittimo dalla Corte Costituzionale; diversamente diventano fantasmi e manodopera facile per la criminalità organizzata. Abbiamo reso possibile la convertibilità di tutta una serie di permessi temporanei. L’Italia ha bisogno di forza lavoro estera: è agli atti delle relazioni che accompagnavano gli stessi Decreti di Salvini, dove c’è la soglia indicata di cui l’Italia ha necessità. Pensiamo al raccolto nei campi e alla provincia di Trapani, e a cosa accadrebbe se eliminiamo la forza. L’integrazione è dovuta e necessaria, e diventa anche motivo per creare opportunità economica del paese.
  • Quali sono state le maggiori difficoltà per l’approvazione della modifica?

Fortunatamente non abbiamo incontrato difficoltà, e ci ha stupito favorevolmente che, al di là di un posizionamento iniziale che aveva compartecipato alla creazione dei Decreti Sicurezza, poi in realtà con il confronto nel merito siamo riusciti a creare un provvedimento, perfettibile di sicuro, ma che riporta l’Italia a un livello civile. Un grande problema è stato, invece, il tentativo di trasformare, da parte dell’opposizione, questi provvedimenti in atti in sfregio ai cittadini italiani, rappresentando una maggioranza che si disinteressava degli italiani e si occupava dei migranti.  Slogan di uno squallore infinito, perché al di là dello squallore disumano, è denigratorio per la qualità delle Istituzioni lasciare immaginare che ci si debba occupare solo di alcune cose e non di altre.  La pandemia ci dice che si viene a determinare il più grande flusso mondiale esattamente come fu per l’influenza spagnola, e noi dovremmo far finta di non sapere che si deve lavorare in questa fase per non consentire che si verifichi quello che si è verificato quest’estate? Questa retorica alla fine, affrontata nel merito, è stata smontata e quello che loro speravano, cioè la rivolta degli italiani contro un Governo che si occupava anche di queste cose – mentre metteva mano al portafogli per gli italiani per circa 160 miliardi (mai sufficienti, purtroppo, ma con le condizioni difficili che si sono determinate è stato fatto il possibile per ridisegnare un tessuto produttivo) – non si è verificato. E io mi scuso con chi non ha ricevuto, pe il sistema regionale, l’assistenza dovuta; con chi non si è visto risarcito, ma il danno era gigantesco. La retorica però non paga, e nei sondaggi si vede. Solo becera propaganda all’interno dei lavori d’aula con i diritti fondamentali dell’individuo. Se neanche in questi luoghi c’è la disponibilità a ragionare in termini umani, e seri, diventa davvero triste.

Qual è l’idea definitiva del Governo in tema di accoglienza e immigrazione, e per la Legge Bossi-Fini ci sono i margini per un lavoro che permetta di archiviarla superandone le criticità? Se non si archivia per sempre quella legge, la propaganda salviniana o dei “taxi del Mediterraneo” potrà continuare.

  • In dichiarazione di voto io ho chiuso così: “questo decreto non è il punto di arrivo ma il punto di inizio di un percorso che ci obbliga a rivedere norme come la Bossi-Fini. Mi rifiuto di vedere che una ‘clandestinità’ indotta da fattori vari possa essere ridotta a reato. Da lì possiamo discutere delle legittimità o meno a restare nel nostro Stato, ma il reato è altra questione. Mai, peraltro, questo reato ha prodotto utilità nel nostro ordinamento, anzi si sono intasati i Tribunali con questi reati farsa. E aggiungo che è il momento di guardare allo Ius soli e lo Ius Culturae, perché non è ammissibile che ci siano diritti non riconosciuti a bambini nati in Italia. Secondo me si deve fare, e rientra tra le condizioni per cui chiedevamo un cambio di passo a questo Governo, in una soluzione che vi desse più forza.

Un commento sulla gestione dell’emergenza sanitaria in Sicilia

  • Distinguo due momenti storici: il lockdown della prima fase, in cui era complice anche il timore reale, e la lontananza da elezioni regionali, e la rigidità con cui si è affrontata la fase, che era condivisibile, anche in via precauzionale, e il dopo l’estate, quando, complice il disgregarsi di una maggioranza e l’avvicinarsi delle elezioni regionali, con la necessità di Musumeci di essere il candidato alle elezioni regionali, si è avuta una piroetta, e abbiamo visto il Presidente  chiudere prima degli altri, poi contestare il provvedimento, salvo poi trovarsi, a distanza di un mese, a dover chiedere e chiedere la zona rossa, e a distanza di 24 ore a chiedere di tornare arancioni. Si rincorre il consenso e si diventa inadeguati, mostrando i limiti di chi sembrava tutto d’un pezzo e che in prospettiva elettorale, da precauzionista diventa l’esatto contrario e  anziché puntare il dito contro altri soggetti istituzionali, pensa bene di perdere il controllo della gestione. Al di là del famoso caso del caricamento dei dati e dei bollettini Covid, di cui non si parla più e che vorremmo fosse chiarito. Ma anziché provare a immaginare un rapporto di collaborazione istituzionale e fare il mea culpa, si esulta per 20 posti letto in terapia intensiva: atti che certificano che oggi, a gennaio, si parla di cose che si sarebbero dovute consegnare pronte già a settembre scorso. E rispetto a questa inefficienza si prova a colmare parlando di requisire i vaccini. Anziché parlare di quello che istituzionalmente si può e si deve fare, si ipotizzano questioni che c’entrano con il tentativo di raccogliere il consenso. Nel concreto stiamo ancora aspettando che la rete ospedaliera sia ultimata, di sapere quanti vaccini sono a disposizione della Sicilia, e quanto sono in sofferenza gli ospedali alle porte di una terza ondata. Da un mese a questa parte si è determinato che quella contestazione aspra ha insinuato nei cittadini il dubbio che fosse un atto politico, inducendoli a non rispettare le regole e avendo come conseguenza il più alto contagio in Italia. Il dato lo esprimono i numeri.

Crisi di governo. Dove viene relegato il ‘bene degli italiani’?

  • Il bene degli italiani in questo momento è rappresentato dalla campagna delle vaccinazioni, dalla prevenzione della terza fase e dall’uscita, speriamo entro l’anno, da un tunnel molto doloroso per tutti. Per migliaia di vite perse, ma anche per l’impatto psicologico che questa vicenda ha avuto su tutti noi. Il bene si persegue attraverso una crisi di Governo che porta alle urne? Secondo me no. Avere un Paese instabile e non dare stabilità alle Istituzioni, e al presidente del Consiglio in primis, mina la figura di questi soggetti in campo internazionale. Non fa bene e non ci mette nelle condizioni di essere rispettati, vedi la fornitura dei vaccini. Credo che occorra darci tutti una ridimensionata, che chi ha messo in crisi il Governo debba tornare sui propri passi e, con la stessa verve con cui si è detto di andare avanti e voler staccare la spina, riconoscere che è stato commesso un errore. Dopo domani ci sarà il passaggio fondamentale sulla Giustizia, e spero che lì si arrivi con una duplice consapevolezza: da chi ha creato, che è  stato sbagliato averla creata, e da noi, forze politiche che non l’abbiamo provocata, che la Giustizia non è stato l’ambito in cui abbiamo brillato, ma uno di quei territori in cui, più che altrove, non si è avuta una soluzione di compromesso di merito. Alcune cose dovranno cambiare: bisogna dare una risposta ai professionisti, giovani e meno giovani; risposte che riguardano praticanti avvocati e cassazionisti, giudizi di pace, e poi la riforma del processo civile e penale. Risposte non semplici, ma se cercate con il confronto di merito e abbandonando posizioni ideologiche assunte prima, si potranno dare. La priorità rimane la salute e la questione economica: non perdere il Recovery Fund, strumento finanziario unico e irripetibile per ridisegnare l’economia del Paese e l’economia del Mezzogiorno.
  • J.C.
- Advertisment -

Altre notizie