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Nasce il network di 42 borghi siciliani sotto l’egida delle Vie dei Tesori. Stamattina la presentazione con tutti i sindaci

Dai siti archeologici alle fortezze saracene, dalle miniere abbandonate alle concerie fantasma, dai castelli aggrappati al cielo agli acquedotti seminterrati, dagli ipogei ai palazzi nobiliari. E ancora, artigiani dalle arcaiche mani d’oro, ricette che affondano sia nelle povere cucine contadine che nei sontuosi monasteri, esperienze, percorsi guidati. È un turista curioso, appassionato, attento ai particolari, quello che si aspetta nel 2021: la pandemia ha insegnato il valore delle piccole cose di antico gusto, le stesse che si ritrovano autentiche lontano dalle grandi metropoli. Nei piccoli comuni, appunto: 42 borghi siciliani in gran parte sotto i cinquemila abitanti – in qualche caso poco più grandi, sotto i diecimila – in tutte e nove le province dell’Isola: consapevoli della necessità di fare sistema, si strutturano in un network sotto l’egida della Fondazione Le Vie dei Tesori, che ha condotto, con la loro collaborazione, un primo censimento del patrimonio: castelli, abbazie, chiese, miniere abbandonate, musei gioiello, conventi, osservatori astronomici, siti rupestri, grotte, cave, fari. Ma anche tesori immateriali: sapienze antiche custodite dagli ultimi artigiani – veri tesori viventi – ricette tradizionali, tradizioni.

Insieme, capofila il Comune di Sambuca di Sicilia con la Fondazione Le Vie dei Tesori, hanno partecipato al bando del MiBaCT “Borghi in Festival”, con un progetto che punta alla realizzazione del Festival Le Vie dei Tesori in sei fine settimana compresi tra il 29 maggio e il 5 luglio con circa 210 luoghi aperti, 70 esperienze collaterali, e il coinvolgimento di 500 giovani del territorio, adeguatamente formati. Un vero Festival della narrazione incardinato su itinerari naturalistici, artistici, letterari, enogastronomici, in grado sia di interconnettere i luoghi: per questo si stanno disegnando percorsi tematici trasversali e orizzontali tra i borghi, sul tema del Sacro, seguendo i castelli; a piedi nella natura; cercando le botteghe artigiane; spulciando pagine letterarie e personaggi; assaggiando i piatti tipici; cercando la Sicilia dal basso (tra cripte, mummie e miniere) o l’Isola dall’alto, tra  torri, fortezze, osservatori astronomici.

Ma la Fondazione e i 42 Comuni hanno anche scelto di strutturarsi – oltre la partecipazione al bando per il Festival – in modo stabile per portare avanti politiche di rigenerazione, valorizzazione, lotta allo spopolamento. Con l’intento di costruire comunità consapevoli, pronte e adeguate ad accogliere il visitatore: il turista slow, il creativo che cerca uno stile di vita più aperto, l’artista, il viaggiatore. Ma anche chi cerca un modo per rimanere nei luoghi dove ha sempre vissuto. Insomma, le Vie dei Tesori diventa know how, modello e infrastruttura da trasferire alle comunità: che assorbono metodi di valorizzazione, costruiscono una rete e sfruttano, ognuno, le caratteristiche dell’altra; cercando un pubblico comune, rafforzato, a cui proporre tesori inestimabili, materiali e immateriali.

Oggi la neonata rete è stata presentata nel corso di una conferenza stampa in streaming a cui hanno partecipato sindaci, assessori alla Cultura, operatori turistici e giornalisti: è il primo modo di esserci, confrontarsi e “invitarsi” a vicenda per conoscere i rispettivi borghi.

“Un’iniziativa che si ricollega al festival Le Vie dei Tesori, ma soprattutto ne raccoglie l’indicazione virtuosa – dice  l’assessore regionale alla Formazione e all’Istruzione Roberto Lagalla – Non potrebbe esserci strumento operativo più efficace per tentare di realizzare un progetto organico di valorizzazione dei beni siciliani. E’ chiaro che dobbiamo integrare il progetto con infrastrutture e interventi, soprattutto per facilitare i collegamenti tra i comuni e, al di là del bando del Ministero, devo dire che il Governo regionale, su iniziativa del presidente Musumeci, ha già proposto un piano per il recupero dei borghi rurali. Da assessore all’Istruzione, plaudo alla modalità di impiegare una “manodopera giovanile” che ricaverà esperienze e motivazioni professionali da questa partecipazione”.

 “Pensavamo di costituire una rete di una decina di comuni per partecipare al bando del MiBaCT partendo dai borghi che da tempo ci chiedevano di partecipare al festival tradizionale di settembre-ottobre – dice Laura Anello, presidente della Fondazione Le Vie dei Tesori – e ci siamo ritrovati con uno straordinario network che abbraccia tutta la Sicilia. Tutti a riconoscersi in un progetto che vede nel patrimonio la leva di crescita delle comunità, che è la mission della nostra organizzazione. Al di là della gratitudine per questo feedback, abbiamo ritenuto doveroso andare oltre il bando ministeriale e strutturare questa rete attraverso un partenariato stabile che possa sviluppare attività di rigenerazione, di valorizzazione, di lotta allo spopolamento, di nuovo turismo, attraverso la ricerca di altre risorse pubbliche e private. Siamo partiti quindi da un censimento delle risorse – monumenti, itinerari naturalistici, tradizioni, artigiani, saperi – che è una vera miniera di tesori”.

“Una comunità che è grande quanto l’isola – interviene Giuseppe Cacioppo, vicesindaco di Sambuca, comune capofila del progetto presentato al MiBaCT – . Il futuro è nei borghi, la gente è stanca delle città: mi piace fermare i turisti che arrivano a Sambuca e chiedere loro cosa li ha portati fin qui. Mi rispondono tutti che sono curiosi e che la dimensione del borgo li affascina. Dobbiamo partire da questa fascinazione”.

 “C’è stato un cambio di atteggiamento verso i borghi italiani – è intervenuto Alfonso Scarano, animatore di un network nazionale di esperti di rigenerazione dei borghi –  Che fa il paio con la mutazione post covid, oggi tendiamo al recupero della qualità della vita. Il Ministero per il Sud ha stanziato un miliardo e mezzo di euro per le aree interne ministero, fondi generali a cui bisogna dare una sostanza; che non devono essere indirizzati verso il turismo occasionale, piuttosto verso una vita civile in una forma legata al territorio. I borghi di solito non sono ben connessi, spesso sono difficili da raggiungere, ma hanno vantaggi in più, si vive con meno vincoli e più indicazioni. Ci stiamo confrontando su questo”.

I BORGHI DEI TESORI

PALERMO | 13 borghi. Si sale sulle Madonie per assaporare un vivere slow e vicino alla natura e all’arte. A partire dai castelli medievali che segnano le mappe delle grandi famiglie nobiliari per poi dirigersi verso il mare. Si parte da Gangi dove si scoprono le mummie della Fossa di parrini, il carcere borbonico e i palazzi nobiliari oggi museo, i racconti delle confraternite, ma soprattutto un borgo con una vocazione insita per il turismo; la stessa che mostra Castelbuono, da sempre borgo letterato e intellettuale che ha aperto il Castello dei Ventimiglia all’arte contemporanea, ha restaurato chiese e palazzi, si inchina alla straordinaria cappella serpottiana di Sant’anna ma conduce anche per sentieri e foreste alla ricerca di funghi. Per arrivare a Polizzi Generosa, che passa indenne dall’alta moda (forte è il legame con Domenico Dolce) al fagiolo badda, alle tantissime chiese colme di opere d’arte, al museo unico dedicato all’Abies Nebrodensis; all’araba Vicari – arroccata sotto i resti del maniero fortificato dei Chiaramonte – dove ci sono ancora i laboratori golosi del dolci di mandorla, ma si può visitare la Cuba araba. E ancora, Geraci Siculo con il bellissimo Castello dei Ventimiglia e Cappella Palatina, ma soprattutto i suoi conventi dove il tempo sembra essersi fermato nei chiostri silenziosi: sarà bello parlare con i pastori che partecipano alla Carvaccata di Vistiamara, a luglio. O San Mauro Castelverde, comune sulle che va dai monti al mare, l’unico con tre chiese monumentali con opere del Gagini e gli ipogei della Badia; e quest’estate la loro inedita zip line sospesa sul vuoto, è stata una delle attrazioni più richieste dai giovani. Eccoci alle Petralie: Soprana è il comune più alto del Palermitano con le sue 33 frazioni, le chiese-gioiello colme di opere d’arte, i crocifissi di frate Umile e gli artigiani che ancora oggi sbozzano sculture a soggetto sacro, i palazzi nobiliari dei Pottino, la cerimonia tradizionale del “matrimonio baronale”; e l’affascinante miniera di salgemma con il suo museo, che da sola vale il viaggio. Poi c’è Sottana che invece apre le porte della centrale idroelettrica di Catarratti, delle cappelle antiche, dei santuari, ma conduce anche per mano sul sentiero degli agrifogli giganti, o alla ricerca degli ultimi scalpellini e liutai. A Caccamo non si può prescindere dal castello, certo, ma il borgo consiglia anche di raggiungere il lago Rosamarina o di assaggiare la salsiccia Pasqualora, ma soprattutto di seguire l’itinerario San Teotista, sui passi del monaco basiliano del IX secolo che passa anche dall’abbazia del borgo di san Nicola de’ Nemori al Monte Eurako. A Lercara Friddi si cammina invece sulle tracce di Frank Sinatra (c’è la casa dei nonni) a cui è dedicato un museo, aperto più in generale all’emigrazione siciliana all’estero. Ma è anche un paese votato al jazz, a Villa Rose sono conservati reperti archeologici di Colle Madore e delle miniere. Roccapalumba – dove si intrecciano ancora vimini, spighe e canne e si preparano conserve e sughi con il fico d’India- si stringe attorno al suo Planetario di ultima generazione, segue un itinerario di siti bellici o fa scoprire il Museo sulla civiltà del ferroviere, ma è l’ottocentesco mulino ad acqua Fiaccati che permette un tuffo nella storia. Poi Godrano, ai piedi della Rocca Busambra e ai margini del bosco di Ficuzza: siamo negli antichi feudi di re Ferdinando IV di Borbone che qui aveva la sua riserva di caccia. E sedeva sul “pulpito del re” scavato nella roccia. Ma anche Godranopoli vale il viaggio, arrivateci dopo aver seguito uno degli itinerari nella natura, tra peonie, orchidee selvatiche, ciclamini spontanei. Infine Castronovo di Sicilia, il comune green con  le grotte di Capelvenere e i boschi Cumuni e di Santa Caterina, l’itinerario tra fonti e antichi lavatoi, o gli assaggi di pitirri al finocchietto selvatico,  ‘mbriulati, tuma persa e pera coscia.

TRAPANI | 1 borgo. Un solo borgo nel Trapanese, ma vale la pena raggiungere Custonaci: il paese delle cave di marmo, dei tramonti sul mare, di Monte Cofano affacciato sull’acqua, del borgo nel borgo scavato nella roccia che ospita un bellissimo presepe vivente. Ma questa è soprattutto terra Mariana, devota alla Madonna di Custonaci, rappresentata in quel quadro che si dice sia arrivato dal mare. Che si stringe in un unico abbraccio con la candida Regina Pacis del Parco del Cerriolo che sembra benedire chi va e viene per mare; e la Stella Maris nei fondali di Cala Bukuto, a 13 metri di profondità.

AGRIGENTO | 3 borghi. Si parte da Sambuca di Sicilia, il comune capofila del network, è ormai abituata a sentir parlare di sé: le “case a 1 euro” sono state imitate ovunque, ma hanno attirato visitatori che si muovono tra i vicoli saraceni che riflettono la luce dorata,  o salgono fino al sito archeologico più alto della Sicilia, quel Monte Adranone ancora misterioso. A Comitini si potrà scoprire la Petra di Calathansuderj (roccia di 30 metri su cui patrioti issarono il primo Tricolore nel 1859, ragione per cui Comitini è stata insignita dal presidente della Repubblica del titolo di Città) e il suo straordinario parco minerario con 70 miniere arcaiche. La microscopica Naro,  la fulgentissima, non scherza: protetta dal castello ancora intatto, srotola un particolare barocco tra palazzi nobiliari e conventi.

CALTANISSETTA | 3 borghiButera dove si respira ancora la Sicilia araba con la fortezza saracena di Muculufa, il quartiere Consi, le ultime impastatrici della pasta co meli (con il miele); Montedoro paese di stelle e miniere, sulle tracce del Ciaula pirandelliano; con l’Osservatorio astronomico e le solfare dai nomi di sogno, le case-museo e l’unica chiesa per poco più di mille abitanti; Sutera, inserita tra i borghi più belli d’Italia, con le case in gesso che abbracciano la collina e gli “ascichi” (terrazze) arabi del quartiere Rabato: provate ‘u pitirri, la polenta povera dei minatori.

ENNA | 2 borghi. La piccola Sperlinga arroccata intorno al suo castello che da solo vale il viaggio: dalle sale baronali ai magazzini alle carceri, fino alla scala insidiosa che un tempo, complici particolari trabocchetti, permetteva di liberarsi di ospiti indesiderati. Ma poi bisogna perdersi nei vicoli alla ricerca di tessitrici e artigiani; Centuripe, il borgo delle cento rupi con le sue chiese, il museo, gli straordinari vasi barocchi i ceramisti, ma anche i piatti della tradizione contadina come la frascatula di cicerchia che qui è diversa da ogni altro paese.

RAGUSA | 2 borghi. Proprio sul filo del confine tra le province di Ragusa e Catania, ecco Monterosso Almo, il comune più alto sugli Iblei, dove vanno recuperati gli itinerari francescani e la storia dei Cocuzza, ricchi imprenditori, che nulla avevano da invidiare ai nobili Florio dell’altro lato dell’Isola. Così come questi ultimi andarono per mare, i Cocuzza, invece, preferirono le rotaie. Il loro giocattolo più bello fu infatti la ferrovia secondaria. Di cui restano ancora le case cantoniere. Invece a Chiaramonte Gulfi non si può saltare l’itinerario dei frantoi. Perché da queste parti l’olio extravergine (e la cucina in generale, non dimentichiamo lo storico Majore, dove si sublima il maiale dal 1896) sono una cosa seria e si può anche partecipare a cooking class a tema. Ciaramunti, come lo chiamano, è un “balcone” a 700 metri d’altezza, nata medievale, distrutta dal terremoto del 1693 e ricostruita barocca. Sul monte Arcibessi, una delle poche “neviere” superstiti.

SIRACUSA | 2 borghi. Raggiungendo la punta estrema dell’isola, si arriva a Portopalo di Capo Passero, proprio dove s’incontrano i due mari: borgo marinaro sin dalle sue origini, ospita ancora una grande comunità di pescatori. Ma tra loro si nasconde anche una famiglia, i Romeo, che da quattro generazioni fabbrica “nasse” ricavate dai giunchi. Mestiere antico ma ancora non del tutto scomparso. Anche a Buccheri troverete le “neviere”, anzi è possibile seguire un percorso che ne tocca quattro diverse, a grotta, a cupola e quadrata. Il borgo costruito attorno al castello normanno, passò ad Alaimo di Lentini, protagonista dei Vespri siciliani, poi nelle nobili mani di diverse famiglie prima di essere distrutto dal terremoto seicentesco e ricostruito poco distante.

CATANIA | 4 borghi. Siamo nel cuore orientale dell’isola, in borghi arrampicati sui costoni, dalle tradizioni antiche, patria di letterati, artigiani, nuovi imprenditori. Dagli affreschi medievali della Grotta dei santi di Licodia Eubea, guardata a vista dai ruderi del castello di Santa Pau (qui provate la Patacò, la minestra di broccoli e cicerchia, o il torrone particolare senza zucchero) si fanno pochi chilometri per raggiungere Militello in Val di Catania, la “piccola capitale” dei potenti Branciforte, tutto un susseguirsi di monasteri, palazzi, chiese. Se invece si sale verso il vulcano, ecco Zafferana Etnea, dove i 700 apicoltori producono il 15 per cento di tutta la produzione nazionale di miele e dove è bello perdersi tra degustazioni di dolci tipici, ville, alberi secolari. Su Vizzini, “l’Obbedientissima” aleggia l’anima di Verga e dei suoi personaggi in punta di penna, ma ci si perde tra quartieri ebraici, ipogei cristiani, chiese rupestri, e la Cunziria, il villaggio fantasma dei conciai, dove si scoprono ancora le antiche vasche per la pulitura dei pellami, ma anche dove fu ambientato il duello di Cavalleria Rusticana.

MESSINA | 12 borghiMontalbano Elicona, dove sembra possa sbucare da un minuto all’altro un cavaliere medievale, con il castello, le chiese, lo straordinario Parco dell’Argimusco con le sue rocce enigmatiche. Santa Lucia del Mela, l’antica Makarru dei Sicani, immersa nel verde, dove gli escursionisti partono alla ricerca della felce preistorica: da visitare la basilica medievale con opere di Laurana, Marabitti e Novelli, le mummie dei Cappuccini, prima di perdersi tra le decine di chiese e conventi. Il borgo d’arte di Savoca, arroccato sotto i ruderi del castello di Pentefur, è un susseguirsi di cappelle nobiliari e cripte: in quella del convento dei Cappuccini, gli studiosi stanno analizzando le 17 mummie ritrovate. San Marco d’Alunzio è anch’esso arroccato sui Nebrodi e viene raccontato da Cicerone nelle Verrine: dai ruderi del castello di Roberto il Guiscardo si scende tra i vicoli alla ricerca delle chiese medievali e del museo bizantino. Non dimenticate maccheroni al tegamino e “lattupitte”. Mirto dove è nato un particolarissimo e unico Museo del Costume, con la collezione Miraudo con lasciti delle grandi sartorie che fornivano abiti e accessori alle nobili signorine di provincia. Ma c’è chi raggiunge Mirto solo per comprare carne e funghi. Sopra la frequentatissima Taormina, si scopre Castelmola, l’antica Mylai, la fortezza naturale con il suo panorama straordinario: il castello dove si esibiscono i falconieri, le cappelle rupestri, il vino alla mandorla amara, il fantasma di Lady Chatterley. E seguendo il millenario sentiero dei saraceni, si raggiunge proprio Taormina. Roccavaldina ha un nome nobile e si raccoglie attorno al castello: c’è un’antica farmacia del 1628 con la sua straordinaria collezione di oltre 200 maioliche urbinate, albarelli, vasi per pozioni e medicamenti. A pochi chilometri da Frazzanò, si trova l’abbazia basiliana di San Filippo di Fragalà da cui arriva il più antico documento cartaceo in Europa, il diploma in greco e arabo della regina Adelasia, oggi conservato all’Archivio Storico a Palermo. Dal minuscolo Condrò bisogna assolutamente passare per perdersi tra albicocchi e ulivi, scoprendo i ruderi dell’antico convento dei Frati Minimi, mentre a Graniti ci si deve immergere tra i murales dai colori squillanti che lo rendono unico, insieme alle case con stipiti di pietra di contrada Roccachiacchiera. Se volete scoprire cosa sia un cubbùro dovete raggiungere il combattivo borgo San Piero Patti – ha una lunga storia di resistenza al potere e qui si parla ancora il dialetto gallo-italico – dove esistono esempi di questi antichi dolmen pastorali; e dove si racconta che nelle caverne di Malopasso siano ancora nascosti i tesori dei briganti. Oltre all’enorme altare di San Calogero, alto più di 10 metri, a San Salvatore di Fitalia, “antico principato della Chiesa”, va assolutamente percorso l’itinerario del museo diffuso, dal museo delle tradizioni religiose in un antico convento, attraverso opere contemporanee e murales fino alla Rocca Pietra Giuda, dove ci sono tracce dell’antico insediamento ebraico, prima che il paese fosse conquistato dai Normanni. Da quassù lo sguardo arriva fino alle Eolie.

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