Monte Erice, lo storico abbeveratoio dei Difali ridotto a discarica abusiva

Rifiuti abbandonati davanti l'antica fontana, che meriterebbe piuttosto di essere salvaguardata e valorizzata. In questo articolo vi spieghiamo perché.

La fontana dei Difali è un luogo carico di storia, che andrebbe sicuramente valorizzato per come merita e non ridotto a discarica con spazzatura abbandonata ed un quadro di degrado che offende la montagna di Erice, i suoi meravigliosi panorami ed il suo immenso patrimonio culturale.

di Mario Torrente

Ancora una volta, e per l’ennesima volta, l’antica fontana dei Difali, nel versante sud della montagna di Erice, è ridotta a pattumiera. Lo storico abbeveratoio è nuovamente pieno di spazzatura a causa degli incivili e nemici dell’ambiente (oltre che del decoro dei luoghi) che hanno lasciato tanti sacchetti dell’immondizia con dentro di tutto. Spazzatura abbandonata anche nelle fessure dell’imponente muro (anche questo con un bel po’ di anni alle spalle), mentre tutt’attorno è un quadro di degrado e abbandono con il sottofondo dell’acqua che, dopo mesi di siccità, è tornata ad uscire dal rubinetto, anche se poco e scorrendo quasi a filo.

E pensare che questa fontana custodisce secoli di storia, rappresentando una tappa fondamentale delle vie dell’acqua tra Monte Erice e Trapani. L’acqua della sorgente dei Difali, a poco più di 300 metri di quota, anticamente da Monte San Giuliano arrivava infatti fino al cuore della città di Trapani, davanti la chiesa di Sant’Agostino, dove oggi c’è la Fontana di Saturno. Ma prima veniva convogliata nell’abbeveratoio del Santuario della Madonna, che anticamente non era per come lo vediamo adesso. L’attuale struttura, recuperata di recente, venne infatti realizzata agli inizi del Novecento, probabilmente su iniziativa del Conte Agostino Pepoli, andando a sostituire l’originario “bevaio”, a quanto pare risalente al 1518 e a suo tempo realizzato dai Carmelitani.

Qui arrivava l’acqua dei Difali che scendeva dal versante sud del Monte. L’intera montagna di Erice per secoli, ha assicurato il rifornimento idrico nella città falcata attraverso le sue numerosi sorgenti. Una di queste era quella dei Difali, che il Castronovo descrisse di “larga vena, anche ottima a beversi”. Tant’è che fino a pochi anni fa i muntisi andavano a fare rifornimento nell’antico abbeveratoio, dove adesso l’acqua esce, quando esce, col contagocce. Prima del periodo di siccità a causa delle poche piogge dei mesi scorsi, in inverno, quando il serbatoio si riempieva, l’acqua finiva per uscire dalla porta del serbatoio, poco sopra il rubinetto e la piazzola oggi piena di rifiuti ed in condizioni di degrado, disperdendosi lungo la strada provinciale e per la montagna. Passando, insomma, da un opposto all’altro, con l’acqua o dispersa per strada e lungo la montagna, o invece quasi assente nei periodi di emergenza idrica. Questo fino a pochi anni addietro. Ma andando ancora più indietro nel tempo, anticamente l’acqua dei Difali veniva convogliata in un vero e proprio acquedotto per arrivare a Trapani, fino alla fontana di Sant’Agostino. Un motivo in più per salvaguardare e valorizzare questa fontana con una storia plurisecolare da raccontare.

Ed il viaggio che l’acqua di Monte San Giuliano faceva si snodava per “canali sotterranei or sul dorso degli archi”, ci racconta sempre il Castronovo. E furono i Chiaramonte a portare l’acqua di Erice a Trapani, attraverso quel sistema di condotte e canali passato alla storia come l’acquedotto “Chiaramusta”. Il rifornimento idrico dei Difali fu concesso dagli Ericini ai Trapanesi nel 1492 (per lettera del vicerè Ferdinando de Acugna. Nello stesso anno in cui Colombo scoprì l’America e gli Ebrei furono cacciati dalla Spagna. E quindi anche dalla Sicilia, che era sotto la dominazione spagnola. Ma il 1492 è anche la data che sancì la fine del Medioevo. E per la nostra storia locale la data in cui l’acqua dei Difali arrivò davanti la chiesa di Sant’Agostino, dissetando i Trapanesi.

Questo grande ed importante abbeveratoio venne restaurato dal Municipio di Monte San Giuliano (allora Erice si chiamava così) nel 1850 (quindi al tempo dei Borboni e prima dell’Unità d’Italia) quando, nell’arco di 50 giorni, venne realizzata la strada che portava a Trapani, ma dal versante meridionale, quello di San Giovannello passando vicino al Santuario di Sant’Anna. Questa arteria viaria oggi è conosciuta come la strada dei Difali, che nel 1860 fu “elevata” da strada Comunale a Provinciale. È la stessa strada, oggi di competenza del Libero Consorzio dei Comuni di Trapani, la ex Provincia regionale di Trapani per intendersi, che è chiusa al traffico nel suo tratto centrale dal 2016, dopo un incendio che devastò tutto questo lato della montagna. Ma dopo più di 9 anni la strada chiusa era e chiusa resta ed al momento non c’è alcun segnale che lasci intravedere la possibilità dell’avvio dei lavori necessari per la sua riapertura. E pensare che per la sua realizzazione, 175 anni addietro, i Borboni impiegarono appena 50 giorni. Nel 2025, dopo 9 anni dalla sua chiusura forzata, non si è ancora riusciti a farla tornare percorribile.

Intanto, però, lo storico abbeveratoio continua ad essere scambiato per una discarica, con immondizia abbandonata, così come lungo la strada e dietro i tornanti delle curve. Tra tutta la roba abbandonata illegalmente ed incivilmente ad un certo punto si vede anche una poltrona con sopra un sacco di spazzatura. E pensare che a metà settembre dello scorso anno l’associazione “Live Charity”, chiamando a raccolta tanti volontari, aveva anche promosso una passeggiata ecologica, raccogliendo rifiuti di ogni genere e tipo, riempiendo in una domenica oltre 50 sacchi di spazzatura, recuperando, davvero di tutto e di più, dietro le curve ed i muretti della strada dei Difali. Adesso, dopo nemmeno sei mesi, ci sono nuovamente tanti cumuli di immondizia, sparsi in vari punti, tra cui anche nell’antico abbeveratoio dei Difali. Un fontana storica che con i suoi oltre cinque secoli di storia ci racconta delle “vie dell’acqua” da Erice a Trapani, sostituite, in questi tempi moderni (si fa per dire) dalle “strade della monnezza e delle inciviltà”…