Prima regione per numero di intimidazioni ad amministratori pubblici nel periodo 2013-2018, lo scorso anno la Sicilia ha fatto registrare 66 casi, un calo del 24% rispetto al 2018, terzo territorio a livello nazionale. È il dato più basso dal 2010, primo anno censito da Avviso Pubblico. Gli atti intimidatori sono stati segnalati in tutte le 9 Province del territorio siciliano, con 37 Comuni coinvolti. Il positivo dato del 2019 non può in alcun modo spingere a sottovalutare il fenomeno. Negli ultimi 5 anni, infatti, i casi censiti in Sicilia sono stati 409. Un primato a livello nazionale insidiato, nello stesso periodo, solo dalla Campania. La provincia di Palermo conferma anche nel 2019 il primato di provincia maggiormente colpita in Sicilia con 18 casi censiti (la provincia di Palermo è anche il territorio più colpito nel quinquennio 2015- 2019 con 91 atti intimidatori); seconda con 12 casi la provincia di Messina. Terza nella classifica regionale con 9 casi censiti la provincia di Agrigento. Sette casi registrati nella provincia di Catania. Cinque casi in provincia di Siracusa. Quattro casi in provincia di Ragusa. Le province di Trapani, Enna e Caltanissetta hanno fatto registrare tre casi ciascuna. A Petrosino doppia intimidazione contro l’amministrazione locale guidata dal Sindaco Gaspare Giacalone, compreso l’incendio del Centro diurno del Comune. Sono 7 i Comuni della Sicilia sciolti per infiltrazioni mafiose nel corso del 2019: Pachino (Siracusa), San Cataldo (Caltanissetta), Mistretta (Messina), San Cipirello (Palermo), Torretta (Palermo; già sottoposto a scioglimento nel 2005 e archiviato nel 2014), Misterbianco (Catania; già tra i primi enti sciolti nel 1991), Mezzojuso (Palermo). Dal 1991 al 31 gennaio 2020 sono stati 82 gli Enti locali sciolti in Sicilia per infiltrazioni mafiose, il 24% degli Enti coinvolti su tutto il territorio nazionale. Nella Relazione conclusiva della Commissione Parlamentare Antimafia sulle attività svolte nella precedente legislatura, in merito alle infiltrazioni mafiose negli Enti locali si sottolinea il «fortissimo interesse da parte dei gruppi criminali per le risorse gestite dagli enti locali e una strategia volta a condizionare dall’interno le singole amministrazioni, a partire da quelle dei Comuni di più limitate dimensioni, al fine di indirizzarne le decisioni di spesa». Regioni ed enti locali sono «utilizzati come porta d’accesso per l’infiltrazione nella struttura amministrativa e istituzionale del Paese». Nelle motivazioni degli scioglimenti dei consigli comunali degli ultimi anni «viene evidenziata sempre più una impressionante correlazione tra presenze mafiose nelle istituzioni, investimenti pubblici in opere infrastrutturali e corruzione». Ciò ha determinato un «progressivo deterioramento delle condizioni di legalità in seno a molti enti locali».