Le tre domande della domenica alla dottoressa Laura Pisciotto

Protagonista della nostra rubrica settimanale è la dottoressa Laura Pisciotto, psicologa di area neuropsicologica. La dottoressa Laura Pisciotto si occupa principalmente di Alzheimer e prevenzione.

Recentemente, grazie alla canzone di Simone Cristicchi a Sanremo, si è parlato molto di Alzheimer in Italia. Secondo lei, quanto è importante sensibilizzare su questa malattia e cosa significa, per chi la vive da vicino, sentirne parlare in un contesto così popolare?

Simone Cristicchi, quest’anno, ha portato a Sanremo un brano emozionante in cui tanti si sono riconosciuti, in particolare i familiari che assistono i loro cari con questa malattia. Il testo esprime il dolore, ma anche la dolcezza di assistere a questa trasformazione. Come ben sappiamo, con il progredire della malattia i pazienti non riconoscono più i propri familiari e gli stessi spesso fanno fatica ad accettare tale trasformazione perché si trovano davanti dei bambini che purtroppo, però, non possono più imparare, riconoscersi e riconoscere chi li ha sempre amati.

Parlare di questo tema in un evento così importante ha contribuito a dare più valore a ciò che è l’Alzheimer. Ma non solo. Questo brano, infatti, ha fatto comprendere la difficoltà che hanno i caregiver nell’accettare di non essere più riconosciuti dai loro cari e soprattutto nel vederli giorno dopo giorno peggiorare. Tuttavia, sensibilizzare su questa tematica attraverso la musica, permette di mettere in risalto la cura dell’aspetto emotivo che ci deve essere anche per i familiari.

La ricerca sottolinea sempre più l’importanza della prevenzione. Quali sono le azioni concrete che possiamo adottare nella vita di tutti i giorni per ridurre il rischio di sviluppare l’Alzheimer?

Prevenire l’Alzheimer sta diventando una vera e propria priorità. Si tratta infatti di una malattia neurodegenerativa in costante aumento: si stima che il numero di persone affette da demenza triplicherà nei prossimi trent’anni, comportando enormi costi assistenziali e sociali. Sul versante della prevenzione esistono una serie di studi molto interessanti, si calcola che ben il 35% dei casi di Alzheimer possa essere ridotto grazie all’intervento su fattori modificabili, sui quali è possibile agire il più precocemente possibile cambiando il proprio stile di vita. Nello specifico sarebbero coinvolti 7 importati fattori.

Nello specifico: il basso livello educativo, l’obesità, il diabete, l’ipertensione, il fumo, la depressione e l’inattività fisica.

Per quanto riguarda la prevenzione, invece, distinguiamo diverse aree come quello di fare attività fisica, fare una dieta sana e povera di grassi, stimolare il nostro cervello (lettura ad esempio), la gestione dei fattori di rischio cardiovascolare e mantenere rapporti sociali.

Essendo lei un’esperta nel campo, cosa pensa siano le sfide principali che le persone affrontano quando si tratta di comprendere e prevenire l’Alzheimer? E quali sono le risorse o i supporti più utili che potrebbero fare la differenza?

Quando ricevo le chiamate dai familiari per iniziare a seguirli, uno dei miei obiettivi è lavorare anche con la famiglia e creare una rete di supporto per il paziente con Alzheimer. Spesso la difficoltà più grande è la gestione che si ha in casa per questa tipologia di pazienti. Tutto, infatti, deve essere messo spesso al sicuro e modificato nell’ambiente domestico (come per esempio utensili da cucina o elettrodomestici). La sfida più grande è sicuramente l’accettazione del cambiamento ma soprattutto della responsabilità del carico emotivo che devono prendersi. Tuttavia, noi Psicologi esperti nel campo della Demenza, sosteniamo anche i familiari attraverso il supporto psicologico e/o psicoterapeutico con il fine di migliorare la propria salute mentale. Una delle altre sfide è sicuramente quella di far comprendere che oggi possiamo parlare di prevenzione grazie alla scienza, che ha migliorato per molti aspetti la nostra vita. E poi che possiamo parlare di riabilitazione cognitiva, che rappresenta l’unico trattamento non farmacologico e non invasivo costituito da esercizi o metodiche non invasive in grado di poter rallentare il progredire della malattia permettendo al paziente di mantenere ancora quelle abilità cognitive che ha intatte