di Mario Torrente
Il bassorilievo della via Biscottai con la misteriosa scritta “Profeta Zaccaria”. Dalla Soprintendenza ai beni culturali di Trapani arriva una possibile spiegazione della scritta.
La mano di Sant’Alberto porta indietro nel tempo di secoli, con narrazioni che arrivano al 1624 quando Trapani era infestata dalla peste. E sono diverse le leggende che aleggiano attorno a questo manufatto, che dal 2023 è vincolato dalla Soprintendenza ai beni culturali e che è legato al culto di Sant’Alberto ed ai festeggiamenti che si tenevano in via Biscottai in onore del Santo.
” Secondo quanto testimoniato da alcuni storici locali – ha spiegato Massimo Billeci, catalogatore beni culturali – la via Biscottai, che conserva ancora immutato il suo tracciato tortuoso lungo il fronte del porto, a partire dal XVII secolo divenne teatro di processioni ed altre forme di manifestazioni legate al culto di Sant’ Alberto degli Abbati organizzate dalla Congregazione di Santa Maria della Grazia. Nata come associazione del ceto dei pescatori, noto anche come la “Piccola Marineria” trapanese, tale congregazione tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII fece edificare la propria chiesetta tra via Porta Grazia, traversa che si apre quasi di fronte al palazzo ornato dal sudetto rilievo, e il tratto delle mura, oggi non più esistenti, che costeggiava l’attuale Via Ammiraglio Staiti in prossimità della porta che a tale stradina ha dato il nome“.
Accanto alla mano nella lapide c’è l’iscrizione “Profeta Zaccaria” che, secondo un’ipotesi avanzata dalla Soprintendenza, potrebbe fare riferimento ad un capitolo del libro di Zaccaria della Bibbia. “L’accenno al profeta Zaccaria nell’iscrizione della lapide – ha continuato Billeci nella sua relazione – potrebbe derivare, secondo quanto suggerito da Daniela Basiricò e da Mariella Giammarinaro, entrambe della Soprintendenza di Trapani, da una particolare interpretazione della visione descritta nel cap. 6 dell’omonimo libro della Bibbia e fare riferimento alla vita attiva dell’ordine Carmelitano, cui Sant’Alberto apparteneva. La scritta potrebbe derivare da una interpretazione della visione descritta nel capitolo 6 della Bibbia. Di tale interpretazione ne da un ampio resoconto padre Giuseppe Maria Fornari, provinciale dei Carmelitani di Lombardia, nel suo “Anno Memorabile de’ Carmelitani” del 1688 nel capitolo dove tratta della revisione della regola Carmelitana che San Simone Stock, vicario generale dell’ordine, ottenne da Papa Innocenzo IV nel 1247 e che sancì il passaggio dalla semplice vita contemplativa ed eremitica delle origini a forme di vita mendicante. In essa, la scena del dipartirsi di quattro carri in tutte le direzioni della terra simboleggerebbe l’attività ecumenica della chiesa cattolica di cui tutti i 4 ordini mendicanti, identificati appunto con i carri, si fanno carico“.
Si tratterebbe insomma ad un riferimento all’Ordine Carmelitano, a cui Sant’Alberto apparteneva. “Con il richiamo al profeta Zaccaria dell’iscrizione – ha concluso Massimo Billeci nella sua relazione – è probabile si sia voluto evidenziare la vocazione missionaria di Sant’Alberto e la dedizione alla predicazione evangelizzatrice che svolse tra il popolo e che concorse a procurargli la grande fama di santità di cui godette presso i cittadini trapanesi”
Ascolta l’intervista a Massimo Billeci, catalogatore beni culturali