Palazzo della Vicaria a Trapani: un tesoro nascosto e dimenticato

Nel cuore di Trapani, in via San Francesco d’Assisi, sorge un edificio che per secoli ha segnato la vita della città e il suo immaginario collettivo: Palazzo della Vicaria.

Proprio da questo palazzo nasce una parola che, nel dialetto locale, è sinonimo di delinquente. Una parola che, ancora oggi, nonostante gli anni, si utilizza per descrivere i bambini più vivaci: vicarioto.

Ma dietro questa parola c’è la storia di un palazzo austero, nato nel XVII secolo e trasformato in carcere nel 1655. Il palazzo ha accolto tra le sue mura generazioni di detenuti fino alla chiusura nel 1965.

Il Palazzo della Vicaria ha un passato complesso e affascinante. L’edificio era probabilmente destinato a un uso conventuale, come suggerisce la sua pianta trapezoidale con corte interna quadrangolare. Nel 1655 divenne, invece, carcere. Con il tempo, il palazzo subì numerose modifiche, tra cui quelle eseguite tra il 1820 e il 1830 sotto la direzione dell’architetto La Bruna, che ne ridefinì la distribuzione interna e probabilmente ne elevò ulteriormente la struttura.

La facciata della Vicaria impone rispetto e severità: un imponente portone d’ingresso sovrastato da quattro grandi telamoni in tufo stuccato – figure maschili scolpite che sostituiscono le colonne – domina il prospetto principale. Le finestre, strette e protette da grate in ferro, evocano l’austerità della sua funzione originaria. All’interno, gli ambienti si affacciano sulla corte interna, conferendo all’edificio un’architettura sobria ma solenne.

Oggi, la Vicaria è un monumento alla memoria cittadina. Nonostante le modifiche e il trascorrere del tempo, il suo passato riecheggia ancora nelle parole e nei racconti degli anziani, che ricordano la severità di quel luogo e l’eco delle storie di chi vi è stato rinchiuso. È un pezzo di storia trapanese che resiste, silenzioso ma presente, come un custode delle vicende di un’epoca ormai lontana.