Seguire la traccia dei soldi. È la principale indicazione investigativa del metodo di Giovanni Falcone rimasta in eredità agli organi di polizia giudiziaria. Direzione Investigativa Antimafia di Trapani e Nucleo di Polizia Economico e Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani, questo hanno fatto. Hanno seguito la traccia dei soldi e hanno dato dato esecuzione ad un decreto di sequestro beni emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale a carico dell’imprenditore alcamese Pasquale Perricone, finito in manette già nel maggio 2016 e poi rinviato a giudizio con l’accusa di avere pagato alle famiglie mafiose del territorio il 2% sull’importo degli appalti pubblici che le sue società si erano aggiudicate nel settore dell’edilizia e della formazione professionale.

Il Tribunale ha accolto i risultati investigativi e di indagine finanziaria di DIA e fiamme gialle; rapporti giudiziari, stesi anche sulla scorta delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, che all’esito finale qualificherebbero Perricone socialmente pericoloso e indiziato di appartenere a Cosa Nostra. Perricone, secondo gli investigatori, sarebbe stato il dominus di un sodalizio che operava con l’obiettivo di ricavare profitti illeciti, dai finanziamenti pubblici in favore della formazione professionale e da pubbliche erogazioni, ottenuti grazie a una ripetuta serie di truffe e di distrazioni patrimoniali realizzate tramite le sue società.

DIA e Guardia di Finanza avrebbero ricostruito alcune aggiudicazioni pubbliche a seguito delle quali veniva versata alla famiglia mafiosa di riferimento la percentuale fissa del 2% rispetto all’importo dell’appalto. Tra i beni sottoposti a sequestro, del valore complessivo stimato in circa 2,5 milioni di euro, ci sono strumenti e attrezzature di sei diverse aziende operanti nel settore della formazione professionale, edile e del commercio, il 50% delle quote di una società immobiliare, 4 immobili e 6 rapporti finanziari.