di Mario Torrente
Aprile è un mese che ci porta indietro nei terribili anni della seconda guerra mondiale. Oggi è l’anniversario della Liberazione, quel 25 aprile 1945 che segnò la fine della dittatura fascista e dei terribili cinque anni di guerra. Orrori che i trapanesi videro con i propri occhi e pagarono sulla loro pelle. C’è una data tra tutte che ha lasciato una ferita di quelle con le cicatrici che restano per sempre: il 6 aprile 1943 . Fu un giorno drammatico per Trapani. La città venne letteralmente devastata dai bombardamenti. Scomparve un intero quartiere, quello che sorgeva attorno alla chiesa di San Pietro. Il “Casalicchio”, con i suoi vicoli stretti e tortuosi e le case fatte in tufo ed in pietra misca. Nel giro di pochi minuti fu ridotto tutto in macerie, con le chiese distrutte ed i palazzi sventrati. Anche il teatro Garibaldi, simbolo della cultura trapanese venne colpito. Ma rimase in piedi. Con gravi danni. Ma ancora lì. Ma piuttosto che essere ricostruito, venne demolito. Al suo posto costruirono il palazzo della Banca d’Italia.
Dove prima invece pulsava il cuore popolare di Trapani, il “Casalicchio”, vennero tirati su una serie di palazzoni e tracciata una lunga strada che prese il posto delle vie sinusoidali capaci di tagliare il vento, una tecnica che a quanto pare ci hanno lasciato gli arabi. Ed ancora oggi in qualche zona del centro storico, nei vicoletti curvilinei della città antica non si sente un soffio di vento. Al posto di quel reticolo di trapanesità fatto di case e viuzze sorse l’attuale corso Italia. Dove il vento, invece, si sente, eccome. Entra senza ostacoli e spazzando tutto ciò che incontra. Da quelle parti c’era pure la chiesa di San Michele dove venivano custoditi, in apposite nicchie, i Misteri. Che venivano scesi prima della processione del Venerdì Santo. Ecco perché si chiamano “Scinnute”. Anche i gruppi statuari subirono gravi danni. In seguito furono ristrutturati. Oggi sono uno dei simboli di Trapani, della sua identità e della storia secolare dove la cultura si intreccia con la tradizione, la bellezza dei luoghi e l’orgoglio della sua gente. Senza quelle bombe forse oggi sarebbero arrivate ai giorni nostri tanti altri “tesori” e “gioielli” dall’inestimabile valore. Probabilmente la stessa città antica col suo assetto originario. E avremmo potuto avere qualcosa di simile a quella che oggi è Erice. Però direttamente sul blu del mare e col perenne sottofondo della risacca. Ma la seconda guerra mondiale non distrusse soltanto il grande patrimonio trapanese e ciò che un tempo stava tra mura, porte e bastioni, la millenaria “città castello” col suo glorioso “porto dei re”, che dall’unità d’Italia cominciò ad essere smantellata. Quelle maledette bombe sganciate dagli aerei delle forze alleate si portarono via tante, troppe vite.
In quel tragico 6 aprile del 1943 morirono tantissimi trapanesi. Fu il più grave bombardamento subito dalla città. Quello che fece più morti. In totale si è sempre parlato di 6 mila vittime, un dato riportato anche nelle motivazioni della medaglia al valore civile assegnata a Trapani negli anni Sessanta, menzionate nella targa messa davanti al monumento di via XXX Gennaio, eretto in memoria delle vittime civili. Ma andando a vedere i dati Istat emerge come i morti durante la seconda guerra mondiale in provincia di Trapani, sia pre che post armistizio, siano stati in tutto 2.068, di cui 1223 civili. Ed in queste statistiche, che fanno riferimento ai cinque anni del conflitto, rientrano anche i morti della super bombardata Pantelleria. I conti, quindi, non tornano visto che il numero complessivo riportato nelle tabelle dell’Istat è ben al di sotto dei sei mila di cui si è sempre parlato per i bombardamenti della seconda guerra mondiale subiti da Trapani, che nel 1943, era pur sempre una città di circa 30 mila abitanti, per di più, in quel periodo, con molti sfollati nelle località di campagna e nei luoghi considerati più al sicuro, lontano dagli obiettivi militari. Numeri così alti di vittime non si trovano nemmeno in città più grandi che furono letteralmente rase al suolo in altre località d’Europa.
A quanto pare i trapanesi morti sotto le bombe del 6 aprile sarebbero stati in realtà 147. Che sono sempre tanti e per una città devastata valgono bel oltre una medaglia d’oro al valor civile. Di questi quasi 150 civili, solo uno non venne identificato. Questo dato è emerso negli elenchi ufficiali trovati negli archivi del cimitero di Trapani da Francesco Greco, ingegnere aerospaziale e giornalista, che si occupa di ricerche per l’Aeronautica, con in attivo la pubblicazione di diversi articoli e libri sulla storia dell’aviazione. E da buon iscritto all’Ordine dei giornalisti sa cosa vuol dire appurare la notizia alla fonte. Ed infatti, non convinto del dato di sei mila morti, davvero tanti per una piccola città come Trapani, è andato a cercare le “carte”, trovando l’elenco ufficiale, già redatto e completo di tutte le informazioni. E numeri alla mano è emerso come il totale dei morti civili a Trapani durante tutta la seconda guerra mondiale, tra bombardamenti, incursioni e mitragliamenti, sia poco sotto i trecento. Rientrando quindi perfettamente nelle statistiche ufficiali dell’Istat.
In questo triste elenco, tra i numerosi casi documentati, c’è anche quello di una donna investita da un camion di tedeschi o lo scoppio di una mina navale costata la vita a sette persone il 27 novembre del 1943, quindi a guerra già finita. Ci sono anche le vittime, 24 in tutto, dei bombardamenti del 22 giugno 1940. In quella giornata a Trapani arrivò la prima pioggia di bombe degli aerei delle forze alleate. Ne seguirono altri. Per esempio, il 5 aprile del 1943, il giorno prima del terribile bombardamento sul quartiere di San Pietro, fu preso di mira l’aeroporto di Milo. E quell’attacco costò la vita a dieci civili. Le bombe tornarono ad uccidere l’undici aprile di quell’anno ed ancora il 6 e 18 maggio, il 15 giugno, il 3 e 4 luglio. Quel terribile 1943 si aprì con una prima incursione il 13 gennaio.
Tutte queste date, con i relativi elenchi delle vittime, sono tirate fuori dai documenti ufficiali conservati negli uffici del cimitero ma che probabilmente vennero redatti dalla Prefettura, come evidenziato dallo stesso Francesco Greco, che da storico dell’aeronautica, con alle spalle la pubblicazione di due volumi suoi e molti articoli monografici su riviste di settore, è andato a cercare ed a studiarsi le carte. Perché quel totale di sei mila morti non lo aveva mai convinto. E da ricercatore, che anni addietro ha fatto parte del Gruppo storico rievocativo trapanese, i cui componenti condividevano la raccolta di informazioni, documenti e foto sul terribile periodo storico, è voluto andare a fondo, trovando le risposte che cercava nell’archivio del cimitero di Trapani. Dove sono riportati anche i nomi di quei morti. È tutto scritto lì. Ma un riscontro incrociato, sempre trovato dall’ingegnere Greco nelle sue ricerche storiche, lo si può avere, con diverse delibere tra giugno e novembre del 1943, alcune del commissario Renato Mozzi, altre della prima giunta, guidata dal sindaco Francesco Manzo, che si insediò a Palazzo D’Alì dopo l’arrivo degli americani il 23 luglio del 1943.
In quei provvedimenti venne disposta la costruzione di più di duecento casse per i morti degli ultimi bombardamenti, che probabilmente inizialmente potrebbero essere stati sepolti in fretta e furia in una fossa per poi dare degna sepoltura successivamente: del resto già i morti del 6 aprile sono stati quasi 150 in un solo giorno, un numero non facile da gestire tra le macerie, in piena guerra e con la paura di nuovi attacchi dal cielo. Insomma, andando a spulciare le carte delle fonti a disposizione vengono fuori questi numeri. E le sei mila vittime di cui si parla nella motivazione della medaglia d’oro al valore civile da dove vengono fuori? Per Greco si potrebbe trattare di un equivoco scaturito da un articolo degli anni Cinquanta pubblicato su un giornale dove, raccontando il dramma di quelle tragiche settimane, si parlerebbe genericamente di sei mila trapanesi rimasti sotto le bombe. Un passaggio, secondo Francesco Greco, riconducibile al numero totale di abitanti del centro storico, per focalizzare la zona maggiormente colpita da quei bombardamenti. Insomma, andando a leggere le carte direttamente alle fonti disponibili, non molte per la verità, vengono fuori questi numeri. Che restano pur sempre alti per una città letteralmente distrutta ed una comunità devastata.
Ma Francesco Greco non è l’unico che in questi anni ha cercato di approfondire questa triste pagina di storia trapanese, cercando la verità carte alla mano. Nei giorni scorsi, prendendo spunto dalla commemorazione fatta davanti al monumento di via XXX Gennaio, a Palazzo D’Alì è arrivata una e-mail di Pietro Cicala, un appassionato di storia, che ha chiamato in causa le ricerche fatte proprio con Francesco Greco e Giacomo Giambino, raccogliendo documenti per capire effettivamente quanti furono le vittime dei bombardamenti trapanesi. Investendo della vicenda direttamente il sindaco Giacomo Tranchida. Ed avanzando una precisa richiesta per ricordare i morti dei bombardamenti. Che, come evidenziato da Cicala, non furono sei mila. “Questa cifra di vittime – ha scritto Pietro Cicala nella sua nota indirizzata al primo cittadino ed alla redazione di Telesud – ci è sempre sembrata esagerata rispetto alla sostanziale mancanza di memoria popolare di un tal immenso eccidio che riguarderebbe più del 10 per cento degli abitanti. Un numero enorme anche comparandolo con altre realtà sia italiane che europee che sono rimaste alla storia per i bombardamenti subiti: per fare un esempio a Coventry dove vi fu uno dei più drammatici bombardamenti dell’intero conflitto che distrussero l’intera città a tal punto che nella lingua tedesca fu introdotto il termine Coventriet a indicare la devastazione delle città nemiche, ci furono 1.236 morti. In Italia, per fare uno fra tanti esempi, la stessa Milano, fu bombardata centinaia di volte dal 1940 al 1944 e ci furono circa 2000 morti”.
Tutti dati facilmente riscontrabili su internet in un giro click. Nella sua nota inviata al Comune Cicala, trapanese che da anni vive a Milano ma sempre legato alla sua città, ha anche trasmesso il link che rimanda ai documenti ufficiali dell’Istituto centrale di statistica sui “Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-1945”. E naturalmente nella email si rimanda all’archivio “del cimitero di Trapani in cui sono annotati tutti i caduti di quel drammatico bombardamento”. Dove sono riportati i nomi ed cognomi di tutti coloro che persero la vita in quell’episodio: 147 in tutto. E poi ci sono le delibere per comprare le bare per quei defunti. Ed i numeri coincidono con quelli del cimitero. “Credo che sarebbe un omaggio molto più concreto e rispettoso della storia pubblicare ufficialmente i nomi delle 147 persone morte piuttosto che continuare a parlare di un generico quanto falso e antistorico numero di 6.000”, ha concluso Cicala nella sua email al sindaco.
Tranchida, dal canto suo, ha accolto la richiesta, assicurando un approfondimento di questa vicenda. Non escludendo una operazione “memoria”, pubblicando i nomo di quelle 147 vittime. Magari in una targa dello stesso monumento di via XXX Gennaio realizzato di recente. Intanto ha passato la palla al maestro Claudio Maltese che nelle prossime settimane, sempre ritorno alla normalità permettendo dall’emergenza coronavirus, cercherà di capirne di più. Maltese, operatore di pace della sezione di Trapani dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra, in questi anni si è occupato della celebrazione per ricordare le vittime del 6 aprile del 1943, l’ultima tenuta poche settimane fa ma con pochissime persone a causa dei divieti scattati per contrastare l’epidemia da covid 19. Adesso, su invito del primo cittadino, si dedicherà a questa attività di approfondimento con l’obiettivo di arrivare al ricordo, con tanto di nome e cognome, di tutte le persone che persero la vita negli orrori della seconda guerra mondiale. Una tragedia che portò all’assegnazione della medaglia d’oro al valore civile alla città di Trapani. Poco importa se per duecento o sei mila morti. L’intera comunità trapanese ha pagato un prezzo altissimo, uscendone devastata. Martoriata. Con la sua gente stremata. E troppo sangue innocente tra le macerie.
Quell’attacco arrivato dal cielo di Trapani alle 15.15 del 6 aprile 1943 si portò via tante, troppe vite. Che non sono numeri, ma disperazione, drammi per tante persone, famiglie distrutte. Lacrime e dolore causati dalla barbarie della guerra. Quell’inferno di bombe si prese centinaia di trapanesi innocenti, sventrando la città e radendo al suolo un intero quartiere. In quelle case del “Casalicchio” attorno alla chiesa di San Pietro, che restò miracolosamente in piedi nonostante i danni (rimase chiusa per anni), ci viveva il popolo, come i tanti marinai, pescatori, il nucleo vitale in una città di gente di mare. C’erano gli operai e le fasce meno abbienti. C’era chi non sapeva dove andare per cercare riparo. Ed alla fine trovò la morte tra le macerie della città. Restando schiacciato dai muri e dai tetti che venivano giù assieme a tutto il carico di morte sganciato da quegli aerei militari. Fu una carneficina che segnò un’intera comunità. Sotto le macerie rimasero intrappolati senza vita uomini, donne e bambini senza colpa. E Trapani, dopo quel 6 aprile 1943, non fu più la stessa.