Intitolata a Giangiacomo Ciaccio Montalto la barca a vela Vega

L’imbarcazione affidata alla Lega Navale Italiana – sezione di Trapani nell’ambito della campagna “Mare di legalità”.

Con la barca a vela Giangiacomo Ciaccio Montalto – Vega, sono già 22 le imbarcazioni testimonial della campagna “Mare di legalità” sostenuta dalla LNI nazionale. Imbarcazione che solcano il mare recando i nomi di vittime della criminalità organizzata: magistrati, poliziotti, giornalisti, sacerdoti che con azioni e parole si sono opposti a mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita. Oggi Vega, barca a vela confiscata dall’Autorità Giudiziaria nell’ambito delle attività di contrasto all’immigrazione irregolare, è divenuta Giangiacomo Ciaccio Montalto – Vega, per ricordare il magistrato trapanese assassinato dalla mafia il 25 gennaio 1983 nei pressi della casa paterna di Valderice, dove sovente si recava per preparare i processi e gli atti giudiziari.

Lo sloop, che è tipo particolare di barca a vela, affidato alla LNI – Trapani, è stato poi sottoposto a interventi di ristrutturazione e rimessaggio da parte dei soci per renderlo nuovamente governabile in mare e destinato ad attività sociali e sportive, alcune delle quali sono state già svolte nel recente passato in collaborazione con l’UEPE – Ufficio Esecuzioni Penali Esterne – di Trapani, nell’ambito di progetti di promozione della legalità.

Alla intitolazione di stamane, sul pontile della Lega Navale di Trapani, erano presenti, tra gli altri, la figlia del magistrato, Marene Ciaccio Montalto, la consigliera del CSM Maria Vittoria Marchianò, il presidente della commissione antimafia dell’ARS, Antonello Cracolici, il presidente nazionale della LNI, Amm. Donato Marzano, i vertici del Palazzo di Giustizia di Trapani, Presidente del Tribunale e Procuratore della Repubblica, oltre ai comandanti provinciali delle forze dell’ordine. Presenti numerosi altri magistrati trapanesi, in servizio e in pensione, con in testa il presidente della sottosozione di Trapani dell’ANM, Giancarlo Caruso.

Abbiamo mantenuto una promessa, un impegno nei confronti di tutta la comunità trapanese, un doveroso atto di memoria collettiva» ha detto Piero Culcasi, presidente LNI – Trapani. L’Ammiraglio Donato Marzano ha sottolineato il valore culturale della campagna “Mare di legalità”: «da oggi Vega andrà per mare portando in giro il nome e la storia di Giangiacomo Ciaccio Montalto, per farlo conoscere a diportisti, sportivi, studenti, perché soprattutto i giovani possano farne memoria».

La consigliera del CSM, Maria Vittoria Marchianò ha indicato Ciacco Montalto come un precursore e un anticipatore dei moderni metodi di indagini: «Ciaccio Montalto con le sue indagini ha compreso, tra i primi nel Paese, la pervasività della criminalità organizzata, capace di condizionare le dinamiche della democrazia. Fu il primo a comprendere i condizionamenti della criminalità sulla economia legale, il primo ad attivare le indagini economico finanziarie per capire come il flusso di denaro sporco proveniente dai traffici di droga venisse reinvestito e ripulito».

Il presidente della commissione antimafia dell’ARS ha sottolineato come: «la memoria vada oltre il ricordo. La memoria ha il compito di attualizzare il ricordo non solo nelle istituzioni ma anche nell’opinione pubblica. Se oggi l’opinione pubblica ha acquisito il rigetto di ogni forma di illegalità, se la mafia non trova più terreno fertile nella società, lo si deve agli uomini che come Ciaccio Montalto hanno dedicato la loro vita alla legalità e con la memoria a far crescere la coscienza civile».

Sono seguiti una serie di interventi di amici e colleghi che Ciaccio Montalto lo hanno conosciuto e frequentato, dentro e fuori il palazzo di giustizia di Trapani.

Ha chiuso la giornata di celebrazione in memoria del giudice Ciaccio Montalto la figlia di questi, Marene: «ringrazio tutti voi, soprattutto per il ricordo personale che ciascuno ha offerto di mio padre. Sono pezzi della sua vita che mi mancano e dei quali oggi mi riapproprio, così come la memoria della sua passione per il mare. In casa nostra si parlava di mafia… ma io e la mia famiglia siamo stati travolti dalla mafia. Ricordo lo colpì molto l’omicidio del generale Dalla Chiesa. Mio padre da allora spesso si recava altrove a lavorare, la sera, forse per allontanare da noi quel pericolo che presagiva».