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Salinagrande, produzione di sale a rischio per gli allagamenti dello scorso ottobre

I danni provocati dall'esondazione del Verderame quattro mesi fa. Il grido d'allarme lanciato da Stefano Terranova. La stagione 2023 della produzione di sale potrebbe saltare in diverse saline. Ingenti i danni. Le vasche sono ancora piene di fango e dal fronte dei ristori è tutto fermo.

di Mario Torrente

A Salinagrande si continua a fare i conti con i danni dell’esondazione del Verderame dello scorso 13 ottobre. Le saline che si sono allagate sono ancora piene di fango e con danni ingenti. La produzione del sale della stagione 2023 è seriamente a rischio.

La stagione 2023 è seriamente a rischio. Quest’anno la produzione di sale potrebbe saltare in diverse saline del Trapanese. Ma in ballo c’è soprattutto la stessa sopravvivenza delle aziende colpite dagli allagamenti dello scorso autunno che potrebbero davvero chiudere i battenti. In particolar modo a Salinagrande i danni per l’esondazione del torrente Verderame nell’ottobre 2022 sono ingenti ed al momento non c’è traccia dei tanto attesi ristori. E senza aiuti economici i produttori non possono farcela, per di più con l’inizio della stagione ormai alle porte.

Solitamente il ciclo produttivo delle saline inizia marzo. Ma a Salinagrande le vasche sono ancora piene di fango portato dall’alluvione del 13 ottobre 2022. Le condizioni meteo non hanno infatti permesso di iniziare le operazioni di pulizia visto che si deve aspettare che il fango secchi. Già da qualche giorno è iniziato il prosciugamento delle vasche della salina Salinagrande. Operazione indispensabile per valutare i danni. Ma il maltempo delle scorse settimane, che aveva dato questi giorni di tregua, sembra che sia ritornato, rendendo impossibile qualsiasi operazione di pulizia del fango.

E per togliere il fango dalle vasche, come prospettato da Stefano Terranova, proprietario della salina, ci vuole più di un mese e mezzo di duro e costoso lavoro. La sua salina lo scorso 13 ottobre è stata ricoperta dall’acqua proveniente da due fronti: da un lato quella dell’esondazione del vicino torrente Verderame, dall’altro dalla grande quantità di acqua e fango che ha sommerso Salinagrande. Così Stefano Terranova si è ritrovato con una vera e propria cascata che si è riversata nella sua salina, che tra l’altro rappresenta un vero e proprio pezzo di storia ultrasecolare.

Quella di Salinagrande è stata infatti la prima salina della storia di Trapani. Le sue origini risalgono a prima del 1346. Praticamente c’è da sempre e manca pure di un formale atto di concessione da parte di un notaio come per le altre saline trapanesi. Insomma, le sue origini si perdono nella notte dei tempi, quando qui c’era un grande lago poi diventato un insieme di vasche dove “coltivare” il sale. Adesso questi sette e passa secoli di storia potrebbero perdersi per sempre perché la salina di Salinagrande rischia di interrompere le attività.

L’esondazione del Verderame, che ha allagato Salinagrande, oltre ad avere fatto perdere parte del raccolto si è anche presa “l’acqua madre”, una sorta di lievito proveniente della precedente stagione che ogni anno viene conservato per il successivo anno. Base indispensabile nel processo di concentrazione dell’acqua marina che termina con la cristallizzazione e raccolta nelle vasche salanti. Purtroppo questo fondamentale “lievito” si è perso con la diluizione con oltre un metro e mezzo di acqua piovana, mista a fango, che si è riversata nella salina. È facile intuire che nel processo di produzione ed estrazione del sale, che dura circa sei o sette mesi, cioè da marzo a settembre/ottobre, la perdita di un solo giorno può avere aspetti negativi sulla quantità del sale prodotto. Nel caso specifico la perdita di tempo è quantificabile in mesi.

Si tratta dunque di una situazione gravissima, sicuramente drammatica per chi deve portare avanti un’attività imprenditoriale e dove c’è da fare i conti con i costi di gestione di un impianto caratterizzato da delicati equilibri in una Riserva naturalistica che rappresenta un’oasi di biodiversità a livello internazionale.

Insomma, quest’anno a Salinagrande potrebbe saltare la produzione visto che per mettere in produzione una salina ci vuole il tempo necessario per ottenere la giusta quantità di acqua marina concentrata, la famosa “acqua fatta” . Ma serve anche il tempo (senza pioggia) per pulire le vasche dal fango, un’operazione lunga e molto delicata visto che si va ad operare in un ambiente particolare come quello delle saline. Tutto questo va a colpire un settore già messo a dura prova da un mercato globalizzato dove i margini di profitto sono molto ridotti. Non è più l’Ottocento. Ed il sale marino di Trapani, anche se è un prodotto unico di grande qualità, sarà anche chiamato l’oro bianco ma non rende chissà quali profitti.

Quella dei salinai da sempre è una lotta per la sopravvivenza. Per di più lasciati sempre più soli. E Stefano Terranova, proprio in questi giorni, dalla sua salina ancora sommersa dal fango ha lanciato un appello, chiamando in causa la visita del presidente della Regione Renato Schifani del 15 ottobre 2022, ricordando che questo evento non rappresenta un isolato caso nel tempo , poiché era già successo 19 anni prima nell’alluvione di Salinagrande del 2003. Stessa dinamica degli eventi di 4 mesi fa. Stesso drammatico epilogo.

Adesso, quasi vent’anni dopo, a Salinagrande Stefano Terranova è di nuovo bis e a capo. “In questi 19 anni – ha detto – mi sono ammazzato la vita per ripristinare la mia salina da quell’alluvione. Ora che era tutto perfetto, tutto preciso, accade di nuovo. Solo che allora avevo 30 anni, ora 50 ed i soldi sono finiti”. Ed a distanza di 4 mesi non c’è stata alcuna dichiarazione di “calamità naturale”, che avrebbe permesso di fare partire i ristori, ma solo lo stato di crisi che ha permesso di fare alcuni interventi come la pulizia del torrente Verderame nel punto in cui ha tracimato. Una manutenzione che, come rimarcato dallo stesso Terranova, andava fatta prima, come intervento ordinario e non come un fatto straordinario dopo che ci sono stati ingenti danni. “Hanno messo la toppa nella barca dopo che è affondata – ha tuonato Terranova – dopo che le persone hanno perso tutto a seguito del disastro del 13 ottobre 2022. Invece di eseguire le manutenzioni ordinarie del canale Verderame in questi anni passati, hanno utilizzato i soldi, che potevano essere tranquillamente utilizzati per i ristori della popolazione e delle aziende che hanno avuto danni, per fare quello che non hanno fatto in questi 19 anni. Eppure il 15 ottobre 2022 mi era sembrato che il Presidente Schifani, alla sua prima visita ufficiale come Presidente della Regione Sicilia, il capo della Protezione Civile Salvo Cocina e tutte le altri grandi cariche politiche e istituzionali, che sono venuti personalmente qui nella salina Salinagrande a rendersi conto dell’accaduto, avessero capito la gravità della situazione. Devo purtroppo constatare che a tutte le rassicurazioni avute non sono state seguite dai fatti”.

GUARDA LE IMMAGINI DEL SERVIZIO CON L’INTERVISTA ALL’AVVOCATO MARINA GIUSTINIANO

Stefano Terranova con il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani durante il soprallugo a Salinagrande lo scorso 15 ottobre
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