Quando a Trapani si festeggiava “Pasqua Ciuri”

Un tempo il lunedì di Pentecoste era la giornata dedicata alla scampagnata fuori porta tra gli scogli di Torre di Ligny.

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di Mario Torrente

In un tempo passato, oggi a Trapani sarebbe stata “Pasqua ciuri”, la Pasqua dei fiori che anticamente si celebrava il giorno di Pentecoste. L’indomani, il lunedì di Pentecoste, si festeggiava invece San Liberale. Un po’ come la Pasquetta, che è però una ricorrenza recente. Ed un tempo a Trapani il lunedì dopo la Pentecoste era la giornata della scampagnata fuori porta tra gli scogli di Torre di Ligny, proprio vicino alla chiesa intitolata al martire cristiano fatta costruire dai pescatori di corallo molti secoli addietro. Arrivata ai giorni nostri con tutta la semplicità e la sobrietà della storia che racconta. Quasi fosse una capsula del tempo che ci porta indietro di parecchi secoli.

Il giorno della Pentecoste veniva quindi chiamato “Pasqua ciuri”. Ed il lunedì seguente era un po’ come la Pasquetta dei giorni nostri, che però ha preso piede solo dopo gli anni 50. A Trapani, città di mare, pescatori, naviganti e artigiani, il tradizionale appuntamento all’aria aperta che segnava l’inizio “da staciuni” era sette settimane dopo la Pasqua di Risurrezione, nel lunedì di Pentecoste per l’appunto. Quel giorno si andava tra gli scogli di Ponente, davanti la chiesetta di San Liberale, stando tutti attorno alla “frazzata”, una grande coperta dove veniva riposto il buon cibo portato con le “trusce”: fave, uova sode, frittate e “pisci salati”. E tanti altri sapori che sapevano di mare e trapanisità. Era il giorno della “scialata” in riva al mare, dove si stava tutti assieme in famiglia, per la gioia di grandi e piccini.

Purtroppo questa ricorrenza è ormai stata dimenticata. Negli anni il professore Salvatore Corso ha promosso diverse iniziative per tenere viva la memoria della “Pasqua Ciuri” e domani pomeriggio con il Movimento Cristiano Lavoratori, la Parrocchia di San Francesco d’Assisi e l’Azione Cattolica di Trapani è stato organizzato un momento davanti San Liberale per ricordare questa tradizione trapanese ormai scomparsa.

Alle 19.30, dopo le messa celebrata nella piccola chiesetta in riva al mare, interverrà il professore Corso. Ci sarà il concerto del complesso “Musicamore” e sarà anche allestito una mostra fotografica di Vito Callotta. Ognuno potrà portare del cibo da condividere sui fazzoletti stessi sui muretti, un po’ come si faceva un tempo sugli scogli di Torre di Ligny con le uova sode, fave, dolci pasquali e quant’altro. Sarà anche l’occasione buona per visitare l’antichissima chiesa di San Liberale, dove sono custodi secoli di storia e di vita trapanese.

Il culto di San Liberale ci riporta indietro di almeno cinquecento anni, al tempo dei Santi e dei pescatori corallini che andavano a caccia dell’oro rosso nelle coste del Nord Africa. Portando a Trapani quei preziosi rametti abilmente lavorati dai maestri corallari. E richiesti da sovrani, papi, cardinali, vescovi e nobili di tutta Europa. Trapani era insomma una città ricca ed importante. E buona parte dell’economia cittadina ruotava attorno alle barche coralline ed alle circa 25 botteghe che si trovavano in via Corallai. Che non era quella che conosciamo oggi tra la corso Vittorio Emanuele e la chiesa di San Francesco, ma l’attuale via Torrearsa. Successivamente da via Corallai la strada prese il nome di via degli Scultori. E poi via Torrearsa.

Le imbarcazioni dei corallai stavano proprio nel versante settentrionale della città, nel lato delle mura di Tramontana. E furono proprio i pescatori dell’oro rosso a fare costruire la chiesa di San Liberale dopo avere preso una grande quantità di corallo nelle acque dove nord africane, nei pressi di Cartagine, dove secondo la tradizione venne martirtizzato Liberale, abate del monastero di Galsa, che non rinnegò mai la sua fede cristiana. Imprigionato a Cartagine e stremato dalla fame, fu portato su una nave dove venne legato mani e piedi.

L’imbarcazione, una volta al largo, venne incendiata. Ma le fiamme non si svilupparono. Liberale venne quindi ucciso a colpi di remi sul capo. Alla fine il suo corpo venne gettato in mare. In quelle acque molti secoli dopo i corallini trapanesi fecero una pesca talmente abbondante da gridare la miracolo. Una volta rientrati in città sbarcarono tutto quel corallo dove oggi sorge la chiesetta, che venne fatta costruire proprio in segno di gratitudine in onore di San Liberale.

Pagine di storia, dunque, antichissime che raccontano di Santi, corallini e corallari. Dei tempi in cui i trapanesi andavano a caccia dell’oro rosso. Prima nelle acque antistanti la città per spingersi, a rami ed a vela, fino alle coste nord africane nei banchi di Tabarka ed in tutte le altre zone dove c’era corallo da strappare agli abissi con “l’ingignu”, ovvero la croce di Sant’Andrea.

La chiesetta di San Liberale riavvolge dunque la clessidra del tempo a quel periodo d al suo interno si coglie proprio tutto il senso di questo viaggio a ritroso nei secoli. Che narra anche di tutte le vite vissute attorno a queste mura. Agli amori nati. Ed alle famiglie venute su proprio all’ombra della chiesa dei corallini. Si, perché San Liberale, secondo la tradizione, è anche la chiesa degli innamorati. A quanto pare, una promessa d’amore fatta qui vale per sempre. E se proprio dobbiamo dirla tutta, chi si dichiarava a San Liberale sarebbe convolato a nozze entro l’anno. Così si narrava. E così ci si sposava. Entro l’anno. E sarebbe stato davvero per sempre.