Quando fu assassinato Rocco Chinnici era a capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Con lui morirono i due carabinieri della scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, ed il portiere dello stabile di via Pipitone Federico, Stefano Li Sacchi. Le iniziative previste per oggi sono state condizionate dalle misure di distanziamento sociale: dalla deposizione di corone di fiori in via Pipitone Federico davanti al civico 59; alla messa nella vicina chiesa di San Michele Arcangelo. Chinnici è stato ricordato anche a Misilmeri, sua città natale e a Partanna, dove operò a lungo come pretore. Oggi è disponibile su sul canale Youtube della Fondazione Rocco Chinnici (https://bit.ly/331LK26) un documento in cui i magistrati Antonio Balsamo, Matteo Frasca e Roberto Scarpinato, il Generale dei Carabinieri Giovanni Cataldo, il sociologo Antonio La Spina e il giornalista Rino Cascio parlano del Giudice Chinnici, del significato del suo impegno professionale e sociale e del contesto in cui lavorò. Chinnici classe 1925, entrò in magistratura nel 1952. Dopo un lungo periodo di permanenza a Partanna come pretore, nell’aprile del 1966 si trasferì a Palermo. Nei primi anni Settanta iniziò ad occuparsi di processi di mafia. Nel 1979, fu nominato Consigliere Istruttore. Negli anni in cui la mafia si accingeva a sferrare un terribile attacco allo Stato, Chinnici ebbe una intuizione che fa di lui un magistrato particolarmente moderno: progetta e crea, nel suo ufficio, un gruppo di lavoro, una scelta per allora rivoluzionaria e non ancora supportata da un apposito sostegno legislativo, dando forma a quello che sarà poi definito “pool antimafia”. Accanto a sé, Chinnici chiamò due giovani magistrati: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Con loro produsse i primi atti d’indagine dei più importanti processi di mafia degli anni Ottanta.
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