Mirto, querce e lecci: ecco gli alberelli che saranno piantati a Martogna

Gli interventi di piantumazione disposti dalla Forestale dopo l'incendio dello scorso anno che ha devastato l'area demaniale della montagna di Erice.

di Mario Torrente

A Martogna saranno messi anche degli alberelli di mirto. Le prime piantine sono già state prese dal vivaio della Forestale, a Castellammare del Golfo, dal comandante del distaccamento di Erice Gioacchino Barbera e saranno messe a dimora nei prossimi giorni, assieme ad altri alberi, in una zona andata a fuoco lo scorso anno nell’area demaniale di Martogna. E dove adesso, grazie al grande lavoro svolto in questi mesi dal personale dell’Azienda Foreste di Trapani, saranno piantati decine di alberi.

Tra questi ci sono anche i lecci donati da Vincenzo Martinez, una degli addetti della Azienda Foreste. Il suo gesto conferma il legame e la passione che lega questi lavoratori ai boschi ed alle montagne dove prestano servizio, come nel caso di Martogna, che è letteralmente rinata dalle sue ceneri grazie alla manutenzione disposta dagli uffici del servizio territoriale regionale di Trapani.

C’è da dire anche Madre Natura sta facendo la sua parte, con una spontanea ricrescita di verde, e pian piano si sta riprendendo i suoi spazi. Tanti piccoli pini sono già spuntati nella zona dove purtroppo non ci sono più alberi a causa dell’incendio. Ma quest’area, compresa tra i due cancelli d’ingresso. fino allo scorso anno era piena di pini, alcuni dei quali si oltre quaranta anni. Ma Martogna diventerà anche la casa di molte querce spinose “nate” nel distaccamento di Erice della Forestale e di tante piantine di mirto.

Il comandante Barbera conta di metterne più di cinquanta. Il che permetterà di fare rivivere in questo versante della montagna di Erice, a circa 200 metri di quota, le essenze ed i profumi che un tempo caratterizzavano proprio Martogna e le sue ultramillenarie vie di collegamento tra la città del Monte e la piana di Trapani. Tra l’altro il termine Martogna, come ha scritto il professore Salvatore Corso nel suo libro “Erice u Munti”, deriverebbe proprio da mirto, pianta sacra alla dea Venere. Tant’è che ne adorava il capo in alcune monete di epoca Romana. Anticamente il mirto era infatti un simbolo di femminilità e, secondo la mitologia, si narra che Venere, dea della bellezza, dell’amore e della fertilità, appena nata dalla spuma del mare abbia trovato rifugio proprio in un boschetto di mirto.