L’analisi del voto a Trapani

Come ad ogni tornata elettorale, a urne chiuse, c'è chi ha fatto bene elettoralmente e chi meno. Il commento del presidente di Telesud Massimo Marino.

643


Cominciamo subito da chi ha vinto, Giacomo Tranchida. Numeri assai diversi dalla scorsa tornata, ma non poteva essere diversamente. Allora fu un plebiscito, anche in considerazione dei 5 anni precedenti sotto l’evanescente amministrazione Damiano che i cittadini trapanesi hanno presto rimosso dalla memoria per l’assoluta latitanza politico-amministrativa. Passato a gestire un complesso capoluogo di provincia, i nodi sono venuti presto al pettine; complice un carattere difficile, per usare un eufemismo. Ma tutto si può dire a Tranchida, tranne che non sappia fare le campagne elettorali. Preso atto che non fosse più un valore aggiunto come nel 2018, ha costruito una trincea con la sua maggioranza: tutti in prima linea per farla reggere. E cosi e’ stato. Dietro di lui, Maurizio Miceli. Ha perso. Ma, a mio avviso, in politica, conta molto il risultato relativo, data la sfida d’affrontare. Doveva stargli col fiato sul collo e ci e’ riuscito in pieno prendendo quasi 9 punti in più delle sue liste. Casomai ci sarebbe da riflettere su queste e se non ci si aspettasse qualcosa in più da loro, trainando la volata contro il primo cittadino uscente che ha prevalso di circa 1400 preferenze. In soldoni, neanche il 6%. Nella coalizione ha fatto bene ma non benissimo Amo Trapani; e’ vero, e’ stata la prima fra tutte quelle in corsa per Palazzo Cavarretta con il proprio leader, Peppe Guaiana, ancora una volta recordman delle preferenze. Ma tutti si aspettavano di più, compreso all’interno del movimento dell’ormai ex Presidente del Consiglio comunale. Stesso ragionamento per l’Mpa; ha superato lo sbarramento ma con fatica sperando in almeno 2/3 punti in più. Fratelli d’Italia ha fatto il suo compitino superando lo sbarramento. Ancora una volta disastroso, invece, il risultato di Forza Italia in città. Ampiamente sotto lo sbarramento nonostante le capriole politiche per imbarcare “Stop” della coppia “De Santis-Daidone” e gli sforzi di un pur volenteroso coordinatore provinciale Toni Scilla. Qualche settimana fa fummo duramente criticati per un articolo che prevedeva un possibile flop vista la composizione della lista, soprattutto dall’onorevole Stefano Pellegrino che, fisiologicamente, non può che assumere oneri ed onori dei risultati politici del proprio partito, visto il peso specifico che riveste dall’alto del suo ruolo di capogruppo all’Ars e per lo stretto legame che intrattiene con Renato Schifani. Ed, infatti, siamo stati facili profeti. Ci sarebbe da chiedere al parlamentare marsalese il perché dell’assenza “dell’amico”, e compagno di partito, Presidente della Regione durante la campagna elettorale. Inutile girarci intorno o essere finti moralisti: un Governatore in carica, nell’assoluta legittimità politica, e’ nelle condizioni di “spostare” mille voti in un batter d’occhio se solo volesse. E visto che Schifani più volte ha parlato di Trapani in questi mesi, sostenendo la necessità di serrare i ranghi nel centrodestra – stigmatizzando la posizione dei fedelissimi di Mimmo Turano schierati con Tranchida – ci chiediamo come mai Pellegrino non abbia ritenuto di suggerire “al suo Presidente” di spendersi per il loro partito e Miceli pancia a terra sul territorio. Il valore aggiunto sarebbe stato importante. Forse determinante alla luce dell’ottimo risultato uscito dalle urne. Invece niente; ancora una volta il deputato marsalese ha dimostrato tutta la sua insipienza politica lasciando sostanzialmente Forza Italia in balia di se stessa e ciò che potesse mettere su Scilla e i compagni di ventura raccattati per strada alla bisogna. Ad ogni modo, quando il buon Pellegrino ci derise per la facile profezia rassicurò “i cittadini sulle solide basi su cui poggiasse Forza Italia” anche a Trapani. Risultato della rassicurazione? Un misero 3,5 per cento e fuori dal consiglio comunale per la prima volta nella storia forzista in quella che fu la città più azzurra d’Italia. Per capirci, a Catania conquista quasi il 13% mentre a Siracusa registra il 7. Solo Ragusa fa peggio, con l’uno per cento, ma qui non c’è alcuna deputazione regionale. Un capolavoro, non c’è che dire. Domani la seconda parte della nostra analisi politica sul voto trapanese dando uno sguardo alla corsa solitaria di Anna Garuccio e sulla coalizione a sostegno di Francesco Brillante con il disastroso risultato ottenuto dalla lista di Cateno De Luca e le difficoltà dei 5 Stelle a ricostruire il Movimento in città.

Massimo Marino
Presidente di Telesud