Una vicenda che ha del paradossale e che solo in Sicilia, grazie alla sua improvvida classe dirigente, poteva accadere. Cittadini che si sono ritrovati ad essere abusivi per effetto di una norma retroattiva e che, di fronti all’inasprimento delle misure (anche giudiziarie) contro l’abusivismo hanno deciso di fare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Sono gli “abusivi trapanesi”, e siciliani, coordinati dall’Associazione àKasa, che avevano realizzato i loro immobili entro la fascia dei 150 metri dal mare. I loro ricorsi sono stati tutti incardinati dalla CEDU, avendo superato il primo esame di ammissibilità. La Corte europea ha ritenuto completi e non manifestamente infondati i motivi dei ricorsi e, soprattutto, ritenendo non ostativo il mancato previo esaurimento dei rimedi interni (cioè il fatto che i ricorrenti non si siano appellati fino all’ultimo grado della giustizia italiana). La CEDU, infatti, ha acclarato che i “rimedi interni” poco avrebbero influito sulle sorti dei ricorrenti, considerato la consolidata giurisprudenza amministrativa sulla retroattività del vincolo. «Sembra che finalmente si possa intravedere un piccolo raggio di sole – afferma il presidente dell’associazione àKasa, Valentina Calvino -. Lavoriamo da sei anni per raggiungere l’aula della CEDU, adesso siamo finalmente entrati, attendiamo fiduciosi la convocazione del Governo Italiano. Il segnale che la Corte ci ha inviato, sull’ininfluenza del mancato previo esaurimento, ci incoraggia a presentare altri ricorsi». I legali della associazione hanno ritenuto inutile ricorrere avanti la giustizia amministrativa italiana e cosi hanno «deciso di procedere senza indugio avanti la Corte Europea, per la violazione degli artt. 1, 6, 8 CEDU, in danni dei cittadini trapanesi, e specificamente di 80 proprietari degli immobili nei comuni di Marsala, Trapani, Erice, Valderice, Custonaci e San Vito Lo Capo». La causa innanzi la CEDU è patrocinata dagli avvocati Andrea Saccucci, dello studio internazionale Saccucci & Partners, e Michele Guitta, del Foro di Trapani. I due legali hanno chiesto «una trattazione prioritaria dei ricorsi» e si sono riservati «di richiedere avanti la CEDU una misura cautelare urgente», in pratica il fermo degli abbattimenti e delle acquisizioni al patrimonio degli enti locali. «Il ricorso alla CEDU – sottolinea l’Avv. Guitta – rappresenta oggi l’ultima spiaggia per quei cittadini che sono caduti nella morsa della burocrazia siciliana che anziché evadere le istanze di sanatoria presentate ai sensi della legge n. 47/85 in tempi “dignitosi”, con applicazione delle norme vigenti all’epoca per come interpretate dalla giurisprudenza amministrativa del tempo, hanno evaso le stesse istanze solo dopo che è intervenuta una norma, la legge n. 15 del 1991, che ha stravolto il significato ed il dettato della legge n. 78 del 1976 e della legge n. 37 del 1985, fornendo l’interpretazione autentica (soprattutto innovativa) delle stesse norme, ma principalmente con efficacia retroattiva». In pratica l’ARS, a chiarimento di un intreccio di norme (una sul turismo e una urbanistica) e di sentenze (differenti e difformi pronunciamenti di TAR e CGA nel tempo) ha definito solo nel 1991 “abusive” tutte quelle case che erano state realizzate prima di quella data. Sono invece certamente abusivi gli immobili realizzati dopo il 1991.